Cronaca

Violenza sessuale: in due in balìa
del "branco". 19enne a processo

L'imputato "incastrato" dal cappellino di marca con la visiera di traverso

In aula l’esortazione del presidente del collegio: “La prossima volta non chiamate un amico. Chiamate il 112”. Il giudice lo ha detto, rivolgendosi ad una delle vittime, nel corso del processo per tentata violenza sessuale di gruppo nei confronti di un 19enne tunisino, in carcere dal novembre dell’anno scorso, per un episodio accaduto nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 2024 al parcheggio del supermercato Coop di via del Sale. Vittima, Maria, 20 anni, che insieme all’amica Elena, 19 anni (nomi di fantasia), si è trovata in balìa del 19enne e di almeno altri quattro ragazzi, mai identificati.

“Stavamo tornando dal centro per raggiungere l’auto quando siamo state avvicinate da un gruppo di cinque ragazzi“, ha raccontato la 20enne Maria, anche lei, come più tardi l’amica, nascosta da un paravento per evitare di trovarsi faccia a faccia con l’imputato. ‘Ciao, come state?’, ‘Amore, vieni qui…’. Dopo un primo approccio verbale, il gruppo era passato all’azione, soprattutto il 19enne, considerato uno dei componenti della baby gang che nei mesi di settembre e ottobre è stata protagonista della preoccupante escalation di violenza scoppiata in città.

Ha tentato di baciarmi e abbracciarmi“, ha raccontato Maria, che a quel punto aveva spinto via l’amica e con lei era corsa fino alla macchina, chiudendosi dentro. “Ma loro ci hanno raggiunto e hanno provato ad aprire le portiere. Poi uno è salito sul cofano e si è sdraiato, continuava a dare baci dal vetro, uno è andato sul parabrezza, un altro ancora era dalla parte del passeggero dove era seduta la mia amica. Tiravano pugni, urlavano, leccavano il vetro anteriore, parlavano tra loro non in italiano, sono rimasti un bel pezzo sulla macchina, tanto che non riuscivo a muoverla. Allora ho chiamato un nostro amico, e mentre ero al telefono, loro tiravano pugni ai vetri. Poi è passato un signore con il cane e quello sul cofano è sceso, e io ho potuto fare la retro e fuggire”.

Momenti di puro terrore, per le due giovani. Una volta a casa, Maria aveva riferito ai genitori l’accaduto e si era presentata in Questura. Ai poliziotti della Squadra Mobile, lei e l’amica avevano fornito una descrizione degli aggressori. “Quello che ha tentato di baciarmi aveva un cappellino di marca con la visiera di traverso e indossava un giubbino chiaro, mentre un altro aveva una tuta grigia con una specie di passamontagna”.

Nel corso dell’udienza, entrambe le ragazze hanno acconsentito a togliere il paravento per guardare l’imputato. “E’ lui”, ha detto Maria. Meno sicura Elena: “Sono abbastanza convinta  che sia lui, ma ho cercato di dimenticare”. “Perchè non abbiamo chiamato le forze dell’ordine?. Eravamo terrorizzate, in quel momento non ci abbiamo pensato”.

“Nelle settimane precedenti a questo fatto”, ha spiegato il sostituto commissario della Squadra Mobile Luca Mori, “c’era stata una recrudescenza di reati commessi da giovanissimi e in quei giorni eravamo nel pieno delle indagini”. Il giorno dopo la denuncia sporta dalle ragazze, in via Dante, durante alcuni controlli nei luoghi di aggregazione dei più giovani, i poliziotti avevano identificato un gruppo e avevano subito visto quel ragazzo vestito con un giubbotto chiaro e con quel particolare cappellino marrone con dei loghi. In quegli ultimi mesi l’imputato aveva collezionato dodici denunce per detenzione di stupefacenti, resistenza, oltraggio a pubblico ufficiale, furto, rapina, ricettazione, lesioni.

Il giorno dopo Maria ed Elena erano state convocate in Questura per il riconoscimento. Dopodichè era scattato l’arresto.

Si torna in aula il 26 maggio.

Sara Pizzorni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...