Cronaca

Viaggio della Memoria 2025
la visita di Mauthausen

“A Mauthausen dobbiamo parlare anche della responsabilità personale”. Il racconto delle guide in un italiano perfetto parte dall’analisi sociale di come tutto è cominciato. Utilizza un linguaggio semplice e analogie con il presente, catturando l’attenzione degli studenti che si alternano nelle aule a loro riservate. Lo sguardo dei ragazzi è attento, in mano la cartina del Campo, il silenzio viene rotto solo da qualche risposta, quando la guida li coinvolge mettendoli alla prova.

Del resto una delle frasi che la direttrice del Campo ripete più spesso, spiega una delle guide è che “Mauthausen non è un luogo del passato, ma del presente, in cui possiamo guardarci allo specchio”.

Terminata la lezione frontale gli studenti si incamminano per la visita. Si muovono silenziosi tra le baracche, con profondo rispetto. L’emozione traspare dai loro volti insieme ad espressioni di meraviglia nel vedere in prima persona la brutalità di quello che fu un campo di lavoro durissimo. La mattinata viene scandita dal loro andamento lento, potremmo dire riflessivo, nel tentativo di non perdere nemmeno un particolare. Ascoltano tutti con attenzione le guide, gli insegnanti o le descrizioni dall’app scaricata sul loro cellulare. Una bella comodità poter utilizzare quello strumento, che spesso crea distrazione, per poter approfondire ancora meglio i fatti e gli avvenimenti in uno dei periodi più bui dell’umanità. Un contatto così vicino con la storia che non può che lasciare per certi versi disorientati, ma la preparazione che hanno avuto durante tutto l’anno scolastico, ora li aiuta più che mai a comprendere.

Lungo il percorso, di tanto in tanto si fermano per porre domande alle guide o esprimere qualche riflessione personale, tra di loro, sempre sottovoce, o confrontandosi con gli insegnanti che accompagnano la comitiva.

Il momento più intenso è la discesa negli ambienti che ospitano ancora oggi i forni crematori, anche perché a differenza delle baracche e di gran parte delle zone ricostruite, quelli sono autentici in tutta la loro drammaticità. Qualche foto, poche parole sussurrate in silenzio, gli sguardi intensi. Oltre 500 ragazzi si avvicinano condividendo gli stessi pensieri, leggono le descrizioni in inglese o tedesco, guardano i ceri votivi e i ricordi nelle tante lingue europee, si soffermano sui nomi di chi non ce l’ha fatta.

Il vocio si alza all’uscita, quando arriva il momento del pranzo, al sacco, in un’ampia sala con sobri tavoli in legno e lo spazio per poter riposare prima di riprendere il cammino per un’altra visita, altrettanto intensa al campo di Gusen.
Cristina Coppola – Inviata a Mauthausen

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