Cronaca

Cene mai pagate, ma molti
ristoratori "chiudono un occhio"

Sono 34 i capi di imputazione contestati a tre donne accusate di essere le autrici della maxi truffa del cibo da asporto non pagato. 24 gli esercizi commerciali di Cremona e provincia presi di mira tra il 2019 e il 2020, compresi ristoranti di lusso, per un danno complessivo che sfiora i 9000 euro. Una vicenda che era balzata agli onori della cronaca nel periodo del lockdown da Covid.

I titolari dei locali presi di mira, però, non si sono costituiti parte civile, e visto il tempo trascorso, la maggior parte ha deciso di rimettere la querela. C’è chi lo ha fatto venendo a testimoniare in aula, c’è chi lo ha fatto tacitamente, non presentandosi al processo. Solo in pochi hanno deciso di non passarci sopra, dando modo al giudice, attraverso la loro deposizione in aula, di poter pervenire, in caso di colpevolezza, ad una pronuncia di condanna.

L’avvocato Bertoletti

Tra coloro che hanno “chiuso un occhio”, anche l’ex titolare del Juliette di via Mantova, dove una cena era costata 1.400 euro. A pagare per un gruppo di persone era stata una donna  che aveva emesso un assegno. La titolare, come da prassi, le aveva chiesto un documento, e la donna aveva mostrato la tessera sanitaria. La ristoratrice era poi stata chiamata dalla banca che le aveva comunicato che l’assegno, a firma contraffatta, non era stato incassato.

A processo ci sono Paola Francesca Pizzamiglio, la convivente Debora Orfeo e Stefania Merlo. A quest’ultima, difesa dall’avvocato Cesare Grazioli, sono contestati tre capi di imputazione, ma gli esercenti hanno già rimesso la querela. La Pizzamiglio è invece assistita dall’avvocato Giovanni Bertoletti, mentre la Orfeo dai legali Annamaria Petralito e Luca Genesi.

Nel mirino, locali di Vescovato, dove abitavano la Pizzamiglio e la Orfeo, ma anche ristoranti di lusso, pizzerie, trattorie, pasticcerie, macellerie di Cremona, e poi altri locali a Malagnino, Cicognolo, Persico Dosimo, Pieve San Giacomo, Piadena, Isola Dovarese, Pozzaglio ed Uniti.

L’avvocato Grazioli

Durante il lockdown gli esercenti ricevevano ordini di acquisto telefonici dal committente che si fingeva persona incaricata da un abituale cliente. Ma poi, una volta ritirata la merce, nessuno provvedeva a saldare il conto precedentemente concordato. Spesso veniva scelto un menu piuttosto costoso: in un ristorante, ad esempio, erano stati ordinati escargot e pasta con il tartufo per un danno di 400 euro. In una pasticceria di Cremona, invece, il 16 gennaio del 2020, una delle imputate, che si sarebbe finta parente di un cliente del negozio, aveva ordinato una torta di 46 euro che aveva ritirato senza pagarne il corrispettivo, con il pretesto che sarebbe passato il cliente a saldare il conto. Cosa mai avvenuta.

Stesso modus operandi anche in un negozio di Cremona, dove al telefono una voce femminile aveva ordinato bottiglie di vino, champagne e tre chili di caffè per un importo di 296 euro. “Avevamo un numero di cellulare con il quale eravamo stati chiamati”, aveva raccontato a processo il titolare, che quel giorno di ottobre del 2020 non era presente. Nel locale c’era solo il suo dipendente, “che si è fidato”. “Per cercare di risalire ad un nome”, aveva spiegato il testimone, “dal numero di telefono dello studio di mia moglie, libera professionista, abbiamo provato a richiamare quel cellulare a cui non aveva più risposto nessuno. E a sorpresa ci hanno richiamati. Era un donna, ci ha detto il nome e chiedeva il motivo della chiamata. Parlando con altre persone siamo poi venuti a sapere che anche altri erano stati truffati”.

L’avvocato Petralito

La truffa era andata in scena anche in un ristorante pizzeria di Piadena, dove era arrivata una telefonata. La voce al telefono si era presentata con il nome e il cognome di un vero cliente del locale e il ristoratore si era fidato. Il cliente aveva ordinato pizze, vini, liquori, da consegnare, la sera stessa, a Vescovato alla nipote. “Eravamo in lockdown, ci faceva comodo”, aveva raccontato il titolare, che una volta arrivato a Vescovato aveva trovato ad attenderlo una ragazza in bicicletta. “Era giovane, capelli scuri. Le ho consegnato l’ordine”. Nessuno, però, aveva più saldato il conto.

Si torna in aula il prossimo 10 aprile per sentire le testimonianze degli ultimi due ristoratori truffati.

Sara Pizzorni

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