Venti di guerra: Gad Lerner
e don Bignami al Cambonino

“Il tempo delle illusioni è ormai finito. L’Europa è chiamata a prendersi maggiormente cura della propria difesa, non in un futuro lontano, ma già oggi. Abbiamo bisogno di un’impennata nella difesa europea, e ne abbiamo bisogno ora”.
Un clima più che mai allarmante nelle parole di Ursula von der Leyen durante la plenaria a Strasburgo. E allora ci si appella alle parole di Don Primo Mazzolari, “Pace adesso o mai più? La sfida per un mondo senza guerra” è il titolo dell’incontro annunciato per mercoledì sera alle 21 nella chiesa di San Giuseppe al Cambonino con Don Bruno Bignami, direttore dell’ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro, e il giornalista e scrittore Gad Lerner che condivide la preoccupazione per questo momento.
“I presagi – afferma – sono da clima di anteguerra e il fatto che la pace mondiale sia affidata a due figuri come Putin e Trump non lascia spazio a molto ottimismo. Questo senso di vigilia di guerra purtroppo ottenebra le coscienze invece che rischiararle. Questo ci dice la storia del secolo scorso. Non si è mai vista una economia nella quale assume centralità il comparto militare e industriale in cui le aziende che fanno le migliori performance in borsa sono quelle della difesa. Non si è mai vista un’economia di questo tipo che poi compone i suoi conflitti pacificamente. Dunque ritrovarci insieme a cercare di tirare fuori qualche buona lezione dalla storia può essere anche un orientamento per fare scelte più sensate”.
Su cosa bisognerebbe puntare per favorire la pace ed evitare nuovi imponenti investimenti in armamenti?
“Credo che l’unità politica dell’Europa deve essere la premessa, l’integrazione della politica estera, delle politiche fiscali, l‘integrazione dei mercati, occorre diventare una grande nazione composita, plurale, ma di cittadinanza europea. Questa è la premessa al seguito della quale anche un corpo di difesa comune potrà essere certamente necessario e probabilmente si scoprirà allora che non occorre incidere sulle spese della protezione sociale per allargare le spese militari, perché se ci integriamo, anche quelle sapremo in qualche modo uniformarle”.
Giovanni Palisto