Morto di malaria: chiesto rinvio a
giudizio per Ocrim e medico lavoro
Chiuse le indagini sulla morte di Lorenzo Pagliari, il 38enne cremonese specialista elettronico dell’Ocrim stroncato dalla malaria dopo un viaggio di lavoro in Camerun
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E’ passato un anno dalla morte di Lorenzo Pagliari, il 38enne cremonese specialista elettronico dell’Ocrim, azienda specializzata nella fornitura di impianti molitori, mangimifici e lavorazioni di cereali, stroncato dalla malaria dopo un viaggio di lavoro in Camerun. Le indagini portate avanti dalla procura di Cremona, nella persona del pm Davide Rocco, si sono chiuse con la richiesta di rinvio a giudizio di Alberto Antolini, amministratore delegato dell’azienda cremonese con sede in via Massarotti, della società Ocrim spa e del medico del lavoro Nicoletta Bussacchini.
Le accuse sono quelle di omicidio colposo per il decesso, attribuito alla malaria, di Pagliari, morto nel reparto di Terapia Intensiva del Maggiore il 31 dicembre dell’anno scorso, e di lesioni gravissime nei confronti di un collega di lavoro di Lorenzo, anche lui di ritorno dal Camerun, che un giorno prima di Lorenzo, colpito dalla malaria, era finito nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale.
Per la procura, l’azienda non avrebbe correttamente seguito tutte le disposizioni di sicurezza per i due dipendenti in trasferta in Africa che prima di partire non si erano sottoposti alla profilassi anti malarica. Profilassi non obbligatoria, ma consigliata in quelle zone dell’Africa dove il rischio di infezione è presente tutto l’anno. Lorenzo era rientrato dal Camerun il 13 dicembre. A Natale aveva accusato i primi sintomi che il 30 dicembre, un giorno prima di morire, lo avevano portato al ricovero. Quella che lo aveva colpito era stata una forma di malaria particolarmente aggressiva.
Lorenzo aveva soggiornato in Camerun dal 21 novembre al 13 dicembre del 2013, mentre il collega dall’8 al 21 dicembre. Al loro rientro, secondo l’accusa, non sarebbero stati fornite “precise indicazioni o istruzioni operative da parte del datore di lavoro e del medico aziendale relative al monitoraggio dei lavoratori trasfertisti al rientro da un paese a rischio malaria, nonchè di una specifica informazione in merito”.
Nel documento di valutazione rischi redatto e sottoscritto il 6 settembre del 2023, ci sarebbe stata “una omissione di valutazione dei rischi per i lavoratori in trasferta nei Paesi a rischio di malattie infettive endemiche”, così come sarebbe stata omessa “la predisposizione di adeguate procedure operative allo scopo di fornire ai lavoratori presidi inerenti le misure di prevenzione e sulle misure organizzative, procedurali e igieniche da adottare al fine di evitare, prevenire e ridurre l’esposizione ai rischi correlati alla presenza di patogeni endemici, nella fase preparatoria alla trasferta, durante lo svolgimento della trasferta, nonché nei periodi successivi del ritorno nel paese di origine, con conseguente sorveglianza sanitaria dei lavoratori”.
Per i due imputati e per la società è già stata fissata al 10 febbraio l’udienza preliminare. Parti offese, con l’intenzione di costituirsi parte civile, sono Amos e Cristina Pagliari, i genitori di Lorenzo, assistiti dagli avvocati Davide Barbato, di Cremona, e Nicola Gaudenzi, di Milano, e il collega di lavoro che si era ammalato.
“Il tema della sicurezza sul lavoro è un tema molto delicato in questo periodo storico”, hanno detto i due legali, “ed è sicuramente fondamentale la valutazione di sicurezza sul lavoro del personale che viaggia. E’ infatti necessario che le indicazioni e le valutazioni di rischio abbiano un impatto specifico sull’attività lavorativa.
Il tema vero sono l’informazione e la sorveglianza attiva che devono essere esplicati prima e dopo i viaggi. “Se io, ad esempio”, hanno spiegato i due legali, “ho un trasfertista che va in Camerun e che poi mi rientra, mi aspetto che questo sviluppo del documento di valutazione dei rischi dell’azienda abbia anche un controllo successivo al rientro. Il Covid ce lo ha insegnato”. “Da parte di Ocrim”, hanno comunque spiegato i due avvocati, “c’è stato un approccio collaborativo sin da subito. Sono stati molo rispettosi del dolore della famiglia”.
Sara Pizzorni