Cronaca

Cene di lusso mai pagate
In aula la truffa del delivery

Sono 34 i capi di imputazione contestati a tre donne accusate di essere le autrici della maxi truffa del cibo da asporto non pagato. 24 gli esercizi commerciali di Cremona e provincia presi di mira, compresi ristoranti di lusso, per un danno complessivo che sfiora i 9000 euro. Una vicenda che era balzata agli onori della cronaca nel periodo del lockdown da Covid.

L’avvocato Bertoletti

La maggior parte dei titolari dei locali truffati ha deciso di rimettere la querela, altri, invece, hanno voluto andare avanti, e dovranno testimoniare al processo contro Paola Francesca Pizzamiglio, la convivente Debora Orfeo e Stefania Merlo. A quest’ultima, difesa dall’avvocato Cesare Grazioli, sono contestati tre capi di imputazione, ma gli esercenti truffati hanno rimesso la querela. La Pizzamiglio è invece assistita dall’avvocato Giovanni Bertoletti, mentre la Orfeo dai legali Annamaria Petralito e Luca Genesi.

Nel mirino, locali di Vescovato, dove abitavano la Pizzamiglio e la Orfeo, ma anche ristoranti di lusso, pizzerie, trattorie, pasticcerie, macellerie di Cremona, e poi altri locali a Malagnino, Cicognolo, Persico Dosimo, Pieve San Giacomo, Piadena, Isola Dovarese, Pozzaglio ed Uniti. Oggi in aula sono stati sentiti gli inquirenti che avevano scoperto i raggiri, in particolare il luogotenente Adriano Garbino, all’epoca dei fatti comandante della Stazione dei  carabinieri di Vescovato.

L’avvocato Grazioli

Durante il lockdown gli esercenti ricevevano ordini di acquisto telefonici dal committente che si fingeva persona incaricata da un abituale cliente. Ma poi, una volta ritirata la merce, nessuno provvedeva a saldare il conto precedentemente concordato. Spesso veniva scelto un menu piuttosto costoso: in un ristorante, ad esempio, erano stati ordinati escargot e pasta con il tartufo per un danno di 400 euro. In una pasticceria di Cremona, invece, il 16 gennaio del 2020, una delle imputate, che si sarebbe finta parente di un cliente del negozio, aveva ordinato una torta di 46 euro che aveva ritirato senza pagarne il corrispettivo, con il pretesto che sarebbe passato il cliente a saldare il conto. Cosa mai avvenuta.

Stesso modus operandi anche in un negozio di Cremona, dove al telefono una voce femminile aveva ordinato bottiglie di vino, champagne e tre chili di caffè per un importo di 296 euro. “Avevamo un numero di cellulare con il quale eravamo stati chiamati”, aveva raccontato a processo il titolare, che quel giorno di ottobre del 2020 non era presente. Nel locale c’era solo il suo dipendente, “che si è fidato”. “Per cercare di risalire ad un nome”, aveva spiegato il testimone, “dal numero di telefono dello studio di mia moglie, libera professionista, abbiamo provato a richiamare quel cellulare a cui non aveva più risposto nessuno. E a sorpresa ci hanno richiamati. Era un donna, ci ha detto il nome e chiedeva il motivo della chiamata. Parlando con altre persone siamo poi venuti a sapere che anche altri erano stati truffati”.

L’avvocato Petralito

La truffa era andata in scena anche in un ristorante pizzeria di Piadena, dove era arrivata una telefonata. La voce al telefono si era presentata con il nome e il cognome di un vero cliente del locale e il ristoratore si era fidato. Il cliente aveva ordinato pizze, vini, liquori, da consegnare, la sera stessa, a Vescovato alla nipote. “Eravamo in lockdown, ci faceva comodo”, aveva raccontato il titolare, che una volta arrivato a Vescovato aveva trovato ad attenderlo una ragazza in bicicletta. “Era giovane, capelli scuri. Le ho consegnato l’ordine”. Nessuno, però, aveva più saldato il conto.

Nella sua testimonianza, il luogotenente Garbino ha detto che la Pizzamiglio e la Orfeo, “che nel frattempo avevano occupato l’abitazione della madre della Orfeo, che era deceduta, si facevano anche recapitare la merce ordinata ad un indirizzo nei pressi della casa dove erano andate a vivere”.

Le due erano state viste una sera alle 19 in via delle Industrie a Vescovato da un carabiniere fuori servizio mentre si facevano consegnare cibo da asporto da una pizzeria di Casalbuttano. In quel periodo era in vigore il lockdown, ed entrambe erano state segnalate perchè fuori dalla propria abitazione. Nei loro confronti era scattata una sanzione amministrativa.

Nel frattempo i carabinieri avevano allertato i ristoratori a fare attenzione a chi ordinava cibo da asporto, così come aveva fatto anche uno dei titolari vittima di un tentativo di truffa, che aveva scritto un post sui social. “A quel punto”, ha ricordato il luogotenente Garbino, “si era sparsa la voce e avendo terra bruciata, la Pizzamiglio e la Orfeo si erano trasferite a Cremona”.

Si torna in aula il prossimo 27 marzo.

Sara Pizzorni

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