Tratta di esseri umani:
7 anni a due fratelli nigeriani
Otto anni fa era stata fatta arrivare in Italia dalla Nigeria con la promessa di un lavoro come baby sitter. All’epoca la giovane aveva 19 anni. Una volta sbarcata a Lampedusa, però, era stata portata a Crema e lì i suoi sogni di una vita migliore si erano subito infranti. Il suo incubo è durato un anno. La giovane, oggi 27enne, è stata vittima di una coppia di connazionali, fratello e sorella, lui 35 anni, magazziniere in una ditta cremasca, lei 37, donna delle pulizie, finiti davanti ai giudici della Corte d’Assise di Cremona per tratta di esseri umani. Oggi i due sono stati condannati ad una pena di 7 anni e 3 mesi ciascuno. Per l’uomo, il pm aveva chiesto una pena di 12 anni, mentre per la sorella un anno in più.
Gli imputati, assistiti dagli avvocati Alessandro Zontini e Michela Tomasoni, avevano costretto la ragazza a prostituirsi lungo le strade di Spino d’Adda, minacciandola e dicendole che la sua libertà costava 35.000 euro, soldi che si sarebbe dovuta procurare vendendo il proprio corpo. Altrimenti i suoi familiari in Nigeria sarebbero stati uccisi. Per la connazionale che l’avrebbe ospitata, la ragazza si era sottoposta in Nigeria ad un rito davanti a un santone: una sorta di giuramento di fedeltà.
La 19enne era stata percossa ripetutamente anche con un manico di scopa, privata spesso di cibo per renderla più accondiscendente ai loro voleri e sottoposta a trattamenti umilianti. I due imputati, che l’avevano anche fatta prostituire in una casa, avevano approfittato della situazione di necessità, vulnerabilità e soggezione in cui la vittima versava.
Era stata la stessa 27enne, lo scorso 7 ottobre, a raccontare in aula il suo incubo. “Dicevano che non c’erano abbastanza soldi”, aveva raccontato. “Mi controllavano, mi davano un certo numero di preservativi e quando tornavo facevano il conto di quanti me n’erano rimasti e così sapevano quanti clienti avevo avuto. I soldi li consegnavo a loro. Per me riuscivo a tenermi qualche mancia”. “Mi dovevo prostituire tutti i giorni”, aveva riferito la ragazza, “dalle 8 alle 18, a volte fino alle 20. Spesso, quando mi ribellavo, venivo picchiata, soprattutto dalla donna, anche con un manico di scopa”. La vittima aveva anche detto che gli imputati l’avevano lasciata senza cibo e fatta dormire su un materasso in soggiorno che d’inverno era ghiacciato “perché lo tenevano sul balcone e poi lo ritiravano”.
Un giorno, mentre si prostituiva, la giovane aveva conosciuto un uomo che le aveva offerto il suo aiuto. E lei ne aveva approfittato, lasciando per sempre la casa dove viveva con gli imputati. Nel luglio del 2016, grazie all’aiuto del connazionale, si era presentata negli uffici del Commissariato di Crema dove aveva raccontato la sua incredibile storia. I due fratelli erano poi stati rintracciati e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Gli imputati si erano difesi, negando ogni coinvolgimento. Il 35enne aveva raccontato di aver conosciuto la vittima su facebook e di essene diventato il compagno. Poi però lei lo aveva lasciato. “All’epoca io e mia sorella chiedevamo l’elemosina perchè non avevamo un lavoro”, aveva sostenuto il 35enne, riferendo che la ragazza si sarebbe prostituita di sua spontanea volontà”.
La difesa, chiedendo l’assoluzione, ha puntato sulla “inattendibilità della persona offesa”. “E’ rimasto sullo sfondo”, ha aggiunto l’avvocato Tomasoni, “il marito dell’imputata, colui che aveva sottoscritto il contratto di locazione. E’ irreperibile, per cui non è stato imputato in questo procedimento, ma probabilmente è la persona che ha avuto un ruolo fondamentale, forse maggiore dei due imputati, a loro volta sotto vittime di questo personaggio.
I difensori hanno tutte le intenzioni di ricorrere in Appello. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 30 giorni.
Sara Pizzorni