"Abusò di cinque donne". Per medico
del lavoro chiesti 5 anni e 8 mesi
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Avrebbe costretto cinque donne a subire atti sessuali approfittando del fatto di trovarsi da solo con loro all’interno di uno studio medico di un centro di medicina e salute di Crema. Dopo più di un’ora di requisitoria, il pm Chiara Treballi ha chiesto una pena di 5 anni e otto mesi, scontata per il rito abbreviato, per un medico del lavoro di 63 anni libanese residente a Bergamo, iscritto all’Ordine di Genova, accusato di violenza sessuale. La sentenza, vista la lunga durata dell’udienza preliminare, che ha visto i successivi interventi delle parti civili e delle difese, è stata rinviata dal giudice al prossimo 31 ottobre.
Ad accusare l’imputato, che è agli arresti domiciliari, sono le cinque donne (due risiedono nel Milanese, due nel Cremonese, una a Cremona) che si sono costituite parte civile attraverso gli avvocati Simona Bracchi, Luisa Sangiovanni e Angela Ceriani. Il medico, invece, è assistito dagli avvocati Emiliano Rossi e Sergio Stravino.
Secondo l’accusa, “in violazione dei doveri inerenti al pubblico servizio e con abuso dei poteri sottesi al proprio ruolo professionale di medico di lavoro”, deputato ad effettuare periodiche visite di controllo e di idoneità all’attività lavorativa, con la scusa di misurare la pressione, avrebbe appoggiato le sue parti intime contro le mani delle presunte vittime, poi le avrebbe fatte sdraiare e le avrebbe palpeggiate sui seni, sui glutei, oppure toccate sulla schiena o sull’inguine. Le donne, che tranne due non si conoscevano, erano state visitate una il 22 gennaio scorso, mentre le altre una settimana dopo. Erano tutte dipendenti di un’impresa di pulizie.
Nel marzo scorso, dopo l’interrogatorio, il gip aveva ritenuto di “piena credibilità la versione dei fatti prospettata” dalle cinque accusatrici, “in modo coerente, dettagliato e privo di contraddizioni, descrivendo in modo omogeneo i toccamenti e i palpeggiamenti che si ripetevano in modo pressochè identico in tutti i casi. Nè risulta che le vittime avessero pregressa conoscenza del medico, sicchè è evidente l’insussistenza dei motivi che le abbiano indotte a riferire cose non vere”.
Tesi sostenuta anche oggi dagli avvocati di parte civile: “le nostre clienti non si conoscevano”, hanno detto i legali Bracchi e Sangiovanni. “A questo punto bisogna pensare ad un complotto, come sostiene la difesa. Ma non ha alcun senso…”. Sulle visite: “Queste donne”, ha detto l’avvocato Bracchi, “fanno un lavoro pesante, quindi il cuore e i polmoni, nei dieci minuti di visita, il medico li doveva controllare. Anche se una aveva male al seno, non era nei compiti dell’imputato”.
Da parte della difesa, “grottesche” sono state definite le dichiarazioni delle presunte vittime, che, secondo gli avvocati Rossi e Stravino, si sarebbero influenzate e suggestionate a vicenda. Una definizione, quella di “grottesche” che ha molto contrariato le parti civili, secondo le quali “il modus operandi del medico era sempre lo stesso. “Quello della difesa”, per gli avvocati delle lavoratrici, “è il solito, triste, tentativo di colpevolizzare le vittime“.
Una delle donne, prima fatta sedere sul lettino e poi stendere prona, sarebbe stata palpeggiata al seno e ai glutei, mentre un’altra, dopo averle fatto abbassare gli slip ed avere esclamato: “queste donne sono sempre tutte troppo vestite”, sarebbe stata palpeggiata insistentemente per oltre sei minuti. Stesso copione per le altre che si erano sottoposte alla visita.
“Per il genere di visite che svolgo”, si era difeso il medico, “non devo controllare il seno alle pazienti”. L’uomo aveva però ammesso di averlo fatto con una delle donne, ma solo “per tranquillizzare la paziente che segnalava di avere un fastidio“, particolare che invece la donna ha negato. Il medico aveva spiegato di aver “palpato la signora lateralmente due volte”, precisando che “il termine palpazione è un termine medico”.
Aveva poi negato di aver toccato una delle donne sui glutei, sostenendo di aver “controllato solo la zona lombare con i polpastrelli gli spazi intervertebrali e tutta la muscolatura intorno per verificare la presenza di eventuali contratture”.
A marzo l’uomo aveva negato di aver pronunciato la frase circa il fatto che le donne vanno troppo vestite alle visite, mentre successivamente ha ammesso di averla detta, ma che non aveva alcuno sfondo sessuale. Sulla paziente a cui avrebbe fatto abbassare le mutande, il 63enne aveva spiegato che gli aveva detto di avere delle protrusioni e che quindi doveva valutare il rachide. “A volte faccio abbassare leggermente gli slip per avere il rachide completamente scoperto, così da poterlo controllare”.
Aveva poi ammesso di aver alzato la gamba ad una delle pazienti, ma per fare “la manovra di Wasserman e Lasegue, come previsto nel caso specifico che avevo davanti, sulla base dei dolori riferiti. Devo alzare l’arto inferiore, piegarlo. Devo poi sostenere la parte superiore del gluteo”. Il medico aveva precisato che nessuna di quelle donne aveva avuto reazioni e nessuna si era lamentata.
Sara Pizzorni