Fu costretta a prostituirsi, con
botte e minacce: processo in Assise
Nuovo rinvio per il processo a carico di due imputati, fratello e sorella, accusati di tratta di schiave e riduzione in schiavitù, per una vicenda verificatasi a Crema tra il 2015 e il 2016. Vittima una ragazza di 19 anni, nigeriana.
La giovane, ora 27enne, che avrebbe dovuto testimoniare in aula, non si è presentata, per motivi di salute del figlio minore. Nel corso dell’udienza, in corte d’Assise, è stata invece effettuata una verifica su quello che all’epoca era il suo telefono cellulare: si volevano accertare, infatti, i suoi contatti con i presunti aguzzini. Tuttavia, come ha testimoniato il sovrintendente Marco Cominetti, della Polizia Postale, che ha compiuto le operazioni, l’apparecchio in questione si è rivelato inutilizzabile, in quanto con la batteria gonfia e addirittura a rischio di esplosione.
Il processo è stato quindi rinviato al 7 ottobre, quando la vittima verrà convocata per essere ascoltata. Secondo l’accusa, gli imputati, difesi dagli avvocati Alessandro Zontini e Michela Tomasoni, avrebbero promesso alla donna un lavoro come baby sitter.
Ma per lei, quello era stato l’inizio di un incubo: prima il viaggio sul barcone della speranza, fino a Lampedusa, quindi l’arrivo nel nord Italia, con tante speranze in tasca. Poi, a Crema, aveva trovato l’inferno. I due fratelli al banco degli imputati, l’avrebbero infatti costretta alla prostituzione, in casa e sulle strade di Spino d’Adda, insieme ad un’altra ragazza, mai identificata.
La giovane avrebbe dovuto versare 35mila euro ai suoi aguzzini, per rimborsarli del viaggio per venire in Italia. E affinché non si ribellasse, la giovane sarebbe stata percossa, anche con il manico di una scopa, costretta a digiunare e minacciata di morte, non solo per lei ma anche per i suoi familiari rimasti in Nigeria. Quasi un anno da incubo, da settembre settembre 2015 a giugno 2016. Finché la giovane, approfittando di un momento di distrazione dei suoi sfruttatori, era riuscita a fuggire, per presentarsi poi al commissariato di polizia.
Laura Bosio