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Traversetolo, lo psichiatra: “Gravidanza nascosta o negata? E’ la prima cosa da capire”

(Adnkronos) – “E’ molto inquietante” la vicenda del neonato trovato morto nel giardino della villetta di Traversetolo (Parma), con le indiscrezioni sul rinvenimento del corpo di un secondo neonato. “Sono situazioni estreme – commenta all’Adnkronos Salute lo psichiatra Claudio Mencacci – difficili da esplorare, non sempre psicopatologiche. Nel caso in questione lascia attoniti la scoperta di questa sorta di realtà parallela fatta di vacanze e vita normale” che traspare dalle immagini della ragazza al centro delle indagini. Ma secondo il co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e direttore emerito di Psichiatria all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano, “vanno fatte un po’ di riflessioni”.  

“La prima cosa che andrà valutata – riflette – è se è stata una gravidanza negata, o meglio una gravidanza non percepita, o se è stata una gravidanza nascosta. Due condizioni differenti. Una gravidanza nascosta segue un suo percorso di piena intenzionalità e le conseguenze che questo porta possono essere valutate come un neonaticidio, infanticidio”. Saranno tante le cose da capire ed “è chiaro che possono esserci anche motivi psichici, o legati a periodi di fortissimi stress. E’ chiaro che possono essere ipotizzabili vari disturbi della personalità, e che un atto ripetuto due volte comincia a diventare sicuramente una condizione da valutare”. Per lo specialista “è difficile raccogliere questa dimensione umana, ma sappiamo che esiste e c’è molto bisogno di studiarla e approfondirla”. Il tema, evidenzia Mencacci, “diventa molto più complesso nel caso della gravidanza non percepita. Rispetto a quella nascosta, in cui la donna non rivela a nessuno il suo stato e non si sottopone a nessuna cura (quindi è consapevole), nel caso della gravidanza non percepita c’è un’inconsapevolezza dello stato in cui si trova. E’ una situazione molto rara. E questo diniego della gravidanza può presentarsi nelle donne molto giovani, ma in alcuni casi in donne che hanno già partorito. Donne che quasi sempre partoriscono nel bagno di casa, che possono avere dei momenti di completa derealizzazione o dissociazione come shock emotivo e questo può portare all’assenza totale di cura del neonato che viene considerato come un rifiuto. E segue la stessa sorte dei rifiuti”.  

Rispetto a casi così estremi, continua lo psichiatra, “ci si chiede come facciano le persone intorno alla donna a non accorgersene. E’ un aspetto che colpisce e in realtà è descritto anche questo nella gravidanza non percepita o negata: che sia addirittura un fenomeno collettivo, cioè nessuno delle persone anche vicine si rende conto dei cambiamenti che avvengono nel corpo della persona. Per vari fattori: perché queste donne prendono pochissimo peso, e non necessariamente sulla pancia, perché possono esserci dei sanguinamenti, perché il bimbo si muove molto poco”. 

Ci sono due tipi di gravidanza non percepita, descrive Mencacci: “C’è quella parziale, in cui la donna non se ne rende conto fino alla ventesima settimana (1 caso su 475). Mentre in 1 caso su 2.455 parti può esserci una forma di negazione totale, che va oltre la ventesima settimana, fino al parto. Non sempre ci troviamo di fronte a delle situazioni di tipo psicotico. Esiste anche una negazione da parte di persone che non hanno nessuno di questi disturbi. Ovviamente è una cosa che dovrebbe essere approfondita. E va detto che le adolescenti sono molto più esposte a questa condizione di gravidanza non percepita. A volte, quando una gravidanza non viene desiderata, c’è una negazione di cosa si sta facendo, e può succedere per esempio se siamo di fronte a delle situazioni di violenza subita. Ci sono poi giovani donne che sono convinte di essere sterili e non penserebbero mai di diventare gravide. Abbiamo differenti condizioni di negazione di gravidanza”.  

C’è poi una dimensione di tipo affettivo: “La donna è consapevole di essere incinta, razionalmente lo sa, ma non ha nessuna forma di connessione con ciò che porta in grembo”.  

In definitiva, conclude lo psichiatra, “chi affronterà questo tema si troverà di fronte a un fenomeno piuttosto sconosciuto, che si fa molta fatica a comprendere e affrontare. Un film francese di qualche anno fa l’aveva analizzato, ma è raro. Colpisce in particolare l’aspetto collettivo, il fatto che neanche le persone attorno vedono, come se questa negazione fosse contagiosa”.  

 

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