Cronaca

L'ultimo saluto a Nazza. Don Claudio:
"Sapeva guardare oltre la notizia"

Un puzzle composito per una Abbaziale di Santo Stefano gremita. Tanti tasselli di una vita che ne ha incrociate mille altre. Più che un funerale, una restituzione. E un senso profondo di gratitudine per Nazzareno Condina, il nostro Nazza, scomparso mercoledì a 54 anni dopo diciotto mesi di lotta contro un male che non perdona.

In prima fila, vicino alla moglie Cristina, alla mamma Iride, al papà Ferdinando (presente “in spirito” ma impossibilitato per motivi di salute, ndr), al fratello Stefano e al nipote Lorenzo e a tutti i parenti, i ragazzi di Casa Giardino e Suor Maria Buongiorno, coi quali aveva intessuto un sodalizio inscindibile, sempre nel segno dei più deboli. E poi la Croce Rossa, gli amici del Duomo e dell’oratorio Maffei, i colleghi, tra cui CR 1 col direttore Simone Arrighi e il direttore editoriale Lucio Dell’Angelo, tanti di coloro che con Nazzareno hanno avuto a che fare. E tante magliette “Andom”, qua e là, spuntate come il messaggio, rigorosamente al plurale, che Nazza aveva voluto lasciare. Tantissime le dichiarazioni di affetto e rimpianto espresse pubblicamente per una persona di rara umanità che ha saputo creare attorno a sé un circuito virtuoso di altruismo che non andrà perduto.

Nell’omelia don Claudio Rubagotti ha dipinto Nazzareno come una persona che “sapeva andare oltre il dato tecnico e biologico della notizia perché sapeva guardare alla poesia e al sogno. Più volte mi sono chiesto se valesse la pena fare i lavori di ristrutturazione del Duomo dei quali anche Nazza aveva scritto… Oggi questo Duomo pieno mi consola e ringrazio Nazza perché ci ha dato una risposta: ne è valsa la pena per accogliervi tutti qui per questo saluto”.

“Non so se Nazzareno fosse ateo, agnostico, cattolico – ha poi aggiunto don Claudio, andando ad affrontare quello che per molti era un rebus, dato che Nazza diceva di non credere ma in realtà sapeva legarsi ai sacerdoti, su tutti don Paolo Antonini e a suo modo portare avanti un messaggio evangelico -. Io so soltanto che due settimane fa all’hospice mi ha accolto. Abbiamo parlato, era vicino ai suoi cari, fiero della crescita di suo nipote ma anche consapevole. Mi disse: quando sarà, voglio che sia tu e in Duomo. E dinnanzi a questa volontà, io mi fermo”.

Il funerale è proseguito e si è chiuso con una serie di interventi di chi ha conosciuto bene Nazza, in varie vesti e varie occasioni. Perché, in fin dei conti, se ci pensiamo bene, la professione di giornalista consente di vivere anche la vita degli altri, o almeno di interessarsene, solidarizzare, conoscere. Sfumature di umanità varia che Nazzareno amava approfondire e spesso narrare. Riporteremo gli interventi, con un video integrale, in un articolo ad hoc, perché nulla vada perso.

Qui ci limitiamo, dovendo scegliere, a quello di don Maurizio Lucini, assistente spirituale dell’Hospice. “Si dice che una persona muore così come ha vissuto: le testimonianza di oggi danno ancora più valore a questa frase. Nazzareno ha rivelato il meglio di sé in una circostanza così dolorosa: quando stiamo morendo, ci mettiamo davanti agli altri esattamente come siamo e Nazzareno ha mostrato tutta la sua profondità spirituale. Ha fatto dei suoi ultimi giorni di vita un inno d’amore”.
Giovanni Gardani

IL SERVIZIO DI CREMONA1

 

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