Salute, Padovani (Sin): “Digitalizzazione migliora rapporto tra medico e paziente”
(Adnkronos) – La digitalizzazione in neurologia “è importante per due ragioni. La prima perché il mondo va in questa direzione e così anche la medicina: siamo perfettamente allineati con l’Agenas per quanto riguarda la necessità di portare le branche specialistiche e le aree specialistiche in questa direzione. La seconda perché la digitalizzazione permetterà di rendere sostenibile il sistema sanitario nazionale e lo renderà in grado di dare risposte più corrette, più appropriate e di prossimità”. Così Alessandro Padovani, presidente della Società italiana neurologia (Sin), all’Adnkronos spiega l’impatto di una “rivoluzione” guidata dall’informatizzazione “alla quale le persone ancora sembrano poco credere, ma che cambierà in maniera favorevole anche il rapporto tra il medico e il paziente”, oltre a contrastare il fenomeno della “desertificazione”.
Nel concreto, “la digitalizzazione permetterà al medico, innanzitutto, di controllare i propri atti e di poter evitare gli errori – continua Padovani – ma anche metterà a disposizione informazioni che il paziente non può ricordare, ma che fanno parte della sua storia clinica favorendo una scelta più corretta e precisa delle terapie. L’altro aspetto riguarda il rendere più puntuale, più efficace, più tempestiva la risposta al paziente” che, inoltre, è “monitorato in maniera più puntuale”. Grazie alla tecnologia “le varie aree mediche potranno armonizzare i percorsi di cura, dando risposte puntuali indipendentemente dalla sede”.
A questa rivoluzione “il Pnrr ha dato una forte spinta, ma non c’è dubbio che il ministro della Salute, Agenas, insieme alle Regioni, stiano dando un ulteriore significativo contributo – osserva Padovani – Ma i neurologi sono troppo pochi e concentrati nelle grandi metropoli. In Italia ci sono circa 6.500 neurologi – precisa il presidente Sin – Si tratta di un numero molto inferiore all’1 su 10mila abitanti che definivamo come valore intoccabile. Il problema è che assistiamo a una desertificazione, soprattutto nelle periferie. I neurologi, così come altri specialisti, si concentrano nelle grandi città, ma lasciano completamente sguarnite le periferie, le province, i piccoli comuni. Basti pensare – illustra Padovani – che ci sono regioni, tra cui anche la Lombardia, dove è difficile trovare neurologi. Questo significa che dobbiamo fare ancora molto per ridistribuire le forze lavoro. Dobbiamo essere coscienti che, in una società che cambia e che invecchia, c’è più bisogno di neurologi di quelli che avevamo stimato essere necessari fino a 10 anni fa”.
Si parla molto della necessità “dello psicologo. Il neurologo è visto non come una cenerentola, però certamente non è valutato come un cardiologo o l’oncologo. Certo – chiarisce Padovani – non siamo in competizione con gli psicologi, né tantomeno con gli psichiatri, con i quali condividiamo la stessa matrice e anche gli stessi interessi. Ci occupiamo di malattie apparentemente stigmatizzate o dotate di grosso stigma come l’Alzheimer, il Parkinson, la sclerosi multipla, l’epilessia, la sclerosi laterale amiotrofica. Ma in realtà il neurologo si occupa anche di ictus, di prevenzione delle malattie cerebrovascolari e di tutte le complicazioni in corso di altre malattie anche internistiche. Il neurologo si occupa di gran parte delle patologie dell’anziano – elenca lo specialista – di sonno, di cefalea, di fatica e di tante altre condizioni”.
Questa desertificazione dei neurologi non è però dovuta a una scarsa attrattività. “Nelle scuole di specialità italiane raggiungiamo il 100% delle iscrizioni – assicura il presidente Sin – Credo che ci sia una programmazione figlia di un tempo diverso. Oggi la programmazione anche dei posti delle specialità dovrebbe essere rivalutate alla luce della transizione demografica e, se fosse così, avremmo bisogno di un numero di posti in più nelle scuole di specialità. Ma forse dovremmo innanzitutto riuscire a spostare i neurologi dalle grandi città, dove si vive meglio, ai piccoli centri. Questa però – conclude Padovani – è una rivoluzione culturale difficile da sostenere”, però la digitalizzazione potrebbe essere un aiuto.