Cronaca

Zardi: dopo 23 anni resta un "cold
case". "Il tempo ci è stato nemico"

Nuova richiesta di archiviazione del pm per la misteriosa morte della 25enne di Casalbellotto

E’ destinato a rimanere un “cold case”, il caso di Arianna Zardi, la 25enne di Casalbellotto trovata senza vita nell’ottobre del 2001 sotto un ponticello di Torricella del Pizzo. A distanza di 23 anni, il pm Andrea Figoni ha di nuovo chiesto l’archiviazione dopo che nel settembre dell’anno scorso il gip Pierpaolo Beluzzi aveva ordinato una proroga di sei mesi dell’indagine, accogliendo la richiesta dei familiari della giovane, in particolar modo della sorella Sara, assistita dall’avvocato Giovanni Bertoletti.

Il pm Figoni

I nuovi accertamenti disposti dal gip si sono focalizzati sulle ultime ore di vita della ragazza e sulle dichiarazioni, apparse al giudice contraddittorie, di alcuni dei testimoni sentiti. Nulla di fatto. Non sono emersi elementi decisivi per arrivare alla verità. “Il tempo che è passato”, ha detto l’avvocato Bertoletti, “restringe le prospettive di arrivare a qualcosa di diverso. Da parte nostra c’è un velo di tristezza. E’ avvilente pensare che l’evento principale ad aver giocato un ruolo di rilievo in questa vicenda sia stato il tempo trascorso. Tutti hanno sempre operato al meglio, ma ricostruire la verità dopo così tanto tempo è molto difficile”. “Da parte mia”, ha commentato il legale, che giovedì vedrà Sara Zardi per decidere se opporsi o meno alla richiesta del pm, “sono sempre stato convinto che gli elementi fin qui raccolti non siano compatibili con una caduta accidentale“.

Omicidio o incidente?. Secondo la procura non ci sono elementi che possano far propendere verso l’azione di terze persone. Nel gennaio del 2016 il corpo della ragazza, studentessa di Teologia, era stato riesumato per essere esaminato. Non aveva prodotto risultati la prova del Luminol, il composto chimico impiegato dalla polizia scientifica per rilevare il sangue, test effettuato nell’ottobre del 2016 sul luogo del ritrovamento del corpo. Non avevano fatto luce sul mistero nemmeno gli esami del Dna sul giro di amicizie della vittima. L’allora procuratore Roberto di Martino aveva scartato l’ipotesi del suicidio. Il manufatto, infatti, era troppo basso per una persona con intenti suicidi. Sul muretto erano state trovate delle tracce. Tracce che però, dopo tanti anni, non era stato possibile recuperare. Nell’ultimo sopralluogo, infatti, erano stati trovati fango e muffa formatisi in seguito all’azione dell’acqua.

L’avvocato Bertoletti

E poi la dinamica di quanto accaduto: due le ipotesi. La prima era che Arianna potesse essere stata investita da un motorino, oppure potesse essere stata colpita da un calcio. Nella seconda, si era ipotizzato che la ragazza potesse essere stata trascinata sotto il ponte. Il suo corpo era stato trovato sotto il manufatto, ma a diversi metri da dove sarebbe caduto. Arianna era in posizione supina, un particolare che rende difficile pensare che possa essersi trascinata da sola.

Secondo la perizia del medico legale di Brescia Andrea Verzeletti e del pool di esperti composto da Cristina Cattaneo, Vittorio Fineschi ed Emanuela Turillazzi, la Zardi era caduta. Sul corpo erano state evidenziate fratture alle ossa dalle quali si era ricavato che la ragazza era caduta dall’alto. Fratture erano state rilevate sulla sinistra del corpo, in particolare al cranio, alle spalle e al bacino. E anche una al metacarpo destro.

Sui pantaloni di Arianna, caduta dal lato sinistro, erano state trovate impronte di pneumatici o di scarpe, mentre dalle tracce biologiche presenti sulla superficie interna degli slip indossati dalla vittima e sui pantaloni vicino alla tasca era stato rilevato “un assetto genotipico complesso (relativo a più individui) misto tra la vittima e un soggetto di sesso maschile”. Potrebbe quindi essere plausibile l’ipotesi che la Zardi avesse avuto, poco tempo prima della morte, un rapporto o un contatto di carattere intimo con un’altra persona finora sconosciuta.

Di Arianna, oltre ai vestiti, era stata analizzata la borsa sulla quale i Ris di Parma avevano trovato delle macchie ematiche. “Ma la borsetta era rimasta sulla chiusa del corso d’acqua”, ha sempre detto il legale della famiglia. “Come mai allora era sporca di sangue?”.

L’unico sospettato, all’epoca minorenne, era stato scagionato. Il giovane aveva ammesso di aver trovato la borsetta sul muretto del ponticello e di aver preso il portafogli e il telefonino.

Sara Pizzorni

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