Cronaca

Detenuti in rivolta, gli agenti:
"C'era un'atmosfera apocalittica"

“Quando siamo arrivati in carcere abbiamo trovato una gran confusione e un’atmosfera apocalittica”. A parlare, oggi in aula, è stato Vincenzo Martucci, agente della penitenziaria e vicesegretario regionale del Sinappe, riferendosi alla sera dell’8 marzo del 2020, in piena pandemia Covid, quando nel carcere di Cremona era scoppiata una vera e propria rivolta. Alle 20, in tenuta antisommossa, erano intervenuti una quarantina di carabinieri i vigili del fuoco. Bilancio: danni ingenti, alcuni agenti della polizia penitenziaria intossicati e uno ferito. Una protesta che all’epoca aveva interessato gli istituti penitenziari di tutta Italia.

Per quei fatti, accaduti nelle sezioni A,C,D,E del penitenziario cremonese, sono a processo 23 detenuti accusati di radunata sediziosa, violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Si tratta per la maggior parte di stranieri: tunisini, romeni, georgiani, brasiliani, ivoriani, marocchini, algerini, senegalesi e 6 italiani.

In carcere c’era fermento perchè i detenuti pretendevano di fare un tampone per il Covid. “Qui moriamo tutti perchè c’è il Covid”, dicevano i carcerati, che volevano essere liberati. “Libertà, libertà, vi ammazziamo tutti”, e nel carcere era successo di tutto. Durante la protesta, alcuni detenuti avevano inveito contro gli agenti, cercando, con tono di sfida, lo scontro fisico ed incitando anche gli altri carcerati ad aggredire i poliziotti. “Erano agitati, molto pericolosi”, aveva già raccontato uno dei testimoni. “Bruciavano tutto e lanciavano contro di noi pezzi di sgabelli”.

Gli avvocati cremonesi Locatelli, Brambilla e Pasquali

“Al pian terreno”, ha riferito oggi in aula Martucci, “c’era acqua che colava da tutte le parti, fumo, colleghi che cercavano di entrare nella sezione C dove i detenuti avevano lanciato suppellettili e si erano barricati all’interno della sezione. Cercavano di guadagnarsi strada attraverso un box di vigilanza collegato con la scala. Minacciavano di distruggere tutto”. “Ce n’era uno”, ha ricordato il testimone, “con la maglietta tipo Sandokan, che era il più facinoroso“. Le forze dell’ordine e gli agenti della penitenziaria erano poi riusciti a far defluire i detenuti per le scale fino a raggiungere il piano terra dove c’erano altri carcerati di altre sezioni.

“Il fumo aveva invaso il corridoio”, ha raccontato un altro agente della penitenziaria. “Avevamo fatto defluire i detenuti della sezione E lungo le scale fino alla zona cortili, ed eravamo tornati  indietro per chiudere il cancello, quando un detenuto ci è venuto incontro. Si è tolto la maglietta e ha cercato lo scontro fisico con noi che eravamo spalle al muro. Ad un certo punto ha sferrato un pugno a un collega mi ha strappato dalla via lo sfollagente“.

“Uno dei detenuti, in particolare”, ha riferito un altro agente, “era il più facinoroso e incitava a creare disordini e ad accendere il fuoco a cartoni, ceste e materassi. La sezione C era tutta nera, piena di cenere nel  corridoio”. In quell’occasione l’agente aveva respirato fumo ed era stato costretto a ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso dell’ospedale.

Durante la scorsa udienza erano stati mostrati filmati e fotogrammi che quella sera avevano ripreso tutta l’azione.

Otto detenuti sono accusati esclusivamente di danneggiamento per aver distrutto e reso inservibile il materiale in dotazione all’istituto nelle sezioni A e C. Tra gli oggetti presi di mira, sette telecamere posizionate in vari punti dei locali e il telefono in uso ai detenuti.

Gli imputati sono difesi da avvocati dei Fori di Milano, Pavia, Verona, Monza, Bergamo, Trani, Lodi e dagli avvocati cremonesi Gianluca Pasquali, Corrado Locatelli e Paolo Brambilla.

Altri testimoni e alcuni degli imputati saranno sentiti il prossimo mercoledì.

Sara Pizzorni

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