Diffamazione omofoba sui social. A
giudizio 72enne: "Portatore d'odio"
La proposta di matrimonio immortalata con un filmato tra le poltrone del “Teatro Ariston” durante il Festival di Sanremo nel febbraio del 2018 e poi la decisione di buttarsi nello spettacolo, calcando insieme le scene dei teatri italiani. I milanesi Sergio Sormani, 57 anni, e Giorgio Donders, 52, lui cremonese da parte di madre, sposi nel settembre di sei anni fa dopo 27 anni passati insieme, dopo essere stati per anni titolari di un ristorante a Vimercate, hanno fatto il grande passo nel mondo dello spettacolo come artisti, cabarettisti, prestigiatori e attori. Tante le storie pubblicate sul loro profilo facebook, ed è proprio qui, dove la coppia tratta temi contro l’omofobia in segno di sensibilizzazione, che sarebbero stati diffamati da un cremonese di 72 anni che ora, per un commento omofobo apparso il 18 ottobre del 2018 sotto il post del racconto della loro unione civile, è a processo con l’accusa di diffamazione aggravata. L’imputato è assistito dall’avvocato Stefania Giribaldi, mentre la coppia gay si è costituita parte civile con l’avvocato Luca Castelli e chiede danni per 30.000 euro.
Sergio e Giorgio, come si legge nell’atto di costituzione di parte civile, “sono da sempre impegnati nel trattare i temi dell’omofobia, raccontando la propria storia personale, fatta di non poche difficoltà ad affermare la propria identità e la propria personalità. Vissuti in un periodo in cui il tema costituiva un tabù, si sono fatti promotori della difesa dell’identità sessuale e di genere, davanti ad ogni attacco d’odio e di intolleranza che spesso vedono vittime i più giovani e le persone fragili, con conseguenze, a volte, nefaste, anche per le loro famiglie. In quest’ottica, come uomini di spettacolo, hanno portato sui palchi di tutta Italia, in radio, in tv e sul web, la propria storia personale e i propri contenuti artistici a difesa del diritto di esprimere la propria identità”.
Sergio e Giorgio sottolineano che mai c’è stata l’intenzione di “ledere il legittimo diritto di critica e di espressione, purchè le espressioni proposte siano educate e non lesive della dignità delle persone”. Invece “i toni violenti usati dall’imputato sono e appaiono gravi per le parole usate e soprattutto sono aggravati dai futili motivi tipici dell’omofobia e nella mancata accettazione dell’altrui identità”. “Non si può sminuire il fatto”, si legge nell’atto della parte civile, “considerando l’imputato un semplice hater, perchè lo stesso è un vero e proprio aggressore che si nasconde dietro lo schermo di un pc. Si tratta di insulti pensati che ledono non solo i due querelanti, ma anche l’intera comunità LGBT, con conseguenze non irrilevanti nei confronti dell’attività anche sociale svolta dalla coppia sotto la didascalia ‘Vivere da veri‘, che si propone di fornire un aiuto a tutte le persone che vivono la propria omosessualità come un problema da superare. L’impatto che dette parole hanno, non possono essere sottovalutate e meritano una sanzione sotto il profilo penale, con un risarcimento che tenga conto non solo della gravità in sè delle parole, ma anche l’impatto che le stesse possono avere su persone fragili che vedono nell’imputato un portatore d’odio“.
“Ad oggi, peraltro”, fa notare il legale di parte civile, “non sono neanche giunte delle scuse da parte dell’imputato, che ben avrebbe avuto occasione per farlo sia pubblicamente, così come li ha offesi, sia in privato
Il processo entrerà nel vivo il prossimo 20 novembre.
Sara Pizzorni