Multe "a tradimento": per il vigile
"sceriffo" chiesti 4 anni e 9 mesi
Richiesta di condanna anche per gli altri agenti della polizia locale finiti a processo. Marco Matteucci 3 anni e 2 mesi, Matteo Trimarchi 9 mesi e Paolo Villa un anno e due mesi. Il 9 luglio la sentenza
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Si sta avviando alla conclusione il procedimento penale davanti al collegio che vede imputati quattro agenti della polizia locale di Cremona per i reati di abuso d’ufficio e falsità materiale. Tre i differenti episodi che li hanno visti coinvolti.
Oggi, al termine della sua requisitoria, il pm Andrea Figoni ha formulato le richieste di pena. La condanna più alta, 4 anni e 9 mesi, l’ha chiesta per l’agente Angelo Sorvillo, 35 anni, napoletano, accusato di aver emesso, fuori servizio, 25 verbali alle auto in sosta vietata in via Garibotti davanti alla scuola infanzia Castello, il tempo necessario, per genitori e nonni, di accompagnare i bambini a scuola. Sorvillo è coinvolto in tutti i casi contestati.
LE MULTE
Nel 2020, il vigile senza divisa avrebbe filmato con il telefonino i mezzi e avrebbe compilato i verbali per le sanzioni solo successivamente, una volta rientrato al lavoro, annotando nel successivo preavviso di accertata violazione che “il conducente era assente”. Così facendo, l’agente, che sul cruscotto non lasciava la multa, non dava l’opportunità, come invece vuole il regolamento, di contestare subito il verbale.
E questo nonostante i possessori dei mezzi avessero poi dichiarato nell’esposto presentato in procura di essere stati presenti o comunque nei pressi delle loro auto. Sorvillo, una volta rientrato in servizio, avrebbe compilato la sanzione con la data del giorno in cui aveva effettuato il video e inviato i verbali per posta, lasciando a bocca aperta i possessori dei mezzi multati, costretti, oltretutto, a dover pagare le spese di notifica.
“Indispettito dal traffico che si creava nei pressi della sua abitazione“, ha sostenuto il pm, “l’imputato ha elevato multe, ma non poteva farlo, perchè fuori dall’orario di servizio”. Nella scorsa udienza, Sorvillo, assistito dall’avvocato Gloria Baioni, si era difeso, dicendo che i genitori avevano piazzato le auto sul marciapiede di fronte alla scuola e che la sosta vietata si protraeva per lungo tempo, cosa che creava intralcio alla circolazione dei mezzi e dei pedoni.
LA LITE CON IL VICINO
Il secondo episodio contestato riguarda una lite tra l’agente della polizia locale Paolo Villa e il suo vicino di casa, che per l’accusa aveva subito un controllo senza motivo da parte degli agenti Sorvillo e Giacomo Matteo Trimarchi, che così facendo avrebbero fatto un favore al collega Villa. Per quest’ultimo, “in qualità di istigatore”, il pm ha chiesto la condanna a un anno e due mesi, mentre per Trimarchi, 9 mesi con le attenuanti generiche.
L’indagine su di loro era partita dall’esposto presentato da Luigi Feraboli, vicino di casa di Villa, per l’episodio accaduto il 13 ottobre del 2020. Per l’accusa, Villa, in pessimi rapporti con il suo vicino di casa, avrebbe chiesto un favore personale a Sorvillo, che durante il servizio, insieme al collega Trimarchi, si era presentato a casa di Feraboli in piazza Roma con la scusa di un accertamento amministrativo “senza che ve ne fosse motivo”.
Una volta all’interno dell’abitazione, Sorvillo, alla richiesta di spiegazioni di Luigi, avrebbe gettato a terra i documenti di identità richiesti al residente, che, insospettito dal quel comportamento insolito, aveva filmato l’accaduto.
Di fatti “acclarati e palesi” ha parlato il pm, che ha sostenuto che non ci fosse alcun motivo per gli agenti di recarsi a casa di Feraboli, di chiedergli i documenti a casa sua e di informarlo che ci sono le sedi opportune per dirimere le controversie. “Villa”, ha detto il pm, “non ha telefonato al numero di emergenza, perchè voleva che fossero i suoi colleghi Sorvillo e Trimarchi ad intervenire, mentre loro avrebbero dovuto astenersi perchè era coinvolto un loro collega”.
La difesa di Villa, rappresentata dall’avvocato Massimiliano Cortellazzi, ha invece sostenuto il “comportamento da perfetto cittadino” dell’imputato, “che non è ricorso all’istigazione, nè ha prevaricato un privato, ma ha fatto ciò che ogni cittadino fa in questi casi”. Il legale della difesa ha parlato dell’esposto che Villa aveva in precedenza presentato contro il suo vicino, dei vari tentativi di appianare la situazione, “segno di buona volontà”, e del fatto che non fosse la prima volta che chiamava le forze dell’ordine: “in quelle precedenti occasioni, però, non aveva chiamato i suoi colleghi, ma erano intervenuti i carabinieri”. “Quel giorno”, ha aggiunto il legale, “dopo la chiamata alla centrale operativa, quella di Sorvillo e Trimarchi era l’unica pattuglia di pronto intervento, e in più il mio cliente non si è mai mosso dal suo appartamento“.
La scorsa udienza Sorvillo e Trimarchi avevano sostenuto di aver agito correttamente e di non aver agevolato il collega, ma solo di aver fatto il loro lavoro, cercando, anzi, di allentare la tensione tra i due vicini: Villa sosteneva che il vicino del piano di sopra facesse spesso baccano e disturbasse. Era successo anche quando la figlia di Villa era tornata da scuola con un bel voto e a casa c’erano stati dei festeggiamenti. E il vicino aveva fatto ancora un forte rumore battendo un oggetto sul pavimento.
“Non siamo mai entrati in casa del vicino”, avevano spiegato Trimarchi e Sorvillo. “Siamo sempre stati sul pianerottolo. Lui ci ha informato che stava filmando l’intervento perchè lo stavamo disturbando. Aveva mostrato una grande agitazione e noi abbiamo cercato di calmare i toni”.
“L’agente Trimarchi”, ha detto nella sua arringa l’avvocato difensore Mauro Salvalaglio, “tra l’altro con una carriera irreprensibile e premiato in varie occasioni, si è attenuto alle regole di condotta della polizia locale e le procedure di intervento sono state rispettate. Trimarchi e Sorvillo hanno atteso la chiamata della centrale operativa, Feraboli aveva un atteggiamento molto aggressivo, ma i due agenti, che sono sempre rimasti sul pianerottolo senza mai entrare nell’abitazione, si sono limitati ad identificarlo, invitandolo ad adire alle vie più opportune per le questioni di vicinato“.
IL PRESUNTO ARRESTO ILLEGALE
L’ultimo episodio contestato risale al 27 ottobre del 2020: si tratta del presunto arresto illegale da parte degli agenti Angelo Sorvillo e Marco Matteucci, per il quale il pm ha chiesto una pena di tre anni e due mesi.
Protagonista una donna che quel giorno, in stato di ebbrezza e dopo un litigio con il compagno, aveva gettato fuori dall’abitazione alcuni attrezzi ed effetti personali dell’uomo. Alla richiesta di fornire le proprie generalità, aveva dato in escandescenze ed era quindi stata fatta stendere a terra, ammanettata e condotta al comando. Secondo l’accusa, il suo comportamento non avrebbe giustificato l’uso delle manette. “Per identificare la persona avrebbero avuto un milione di modi”, ha sostenuto il pm, “bastava un accesso anagrafico e avrebbero saputo l’identità. Gli agenti erano in malafede: hanno denunciato la donna per resistenza, ma non hanno fatto menzione del filmato della bodycam in dotazione a Matteucci”.
Agli atti c’è infatti il filmato dal quale sarebbe emerso che la donna, seppur in stato di alterazione, non avrebbe tenuto alcun comportamento aggressivo, e, a fronte della richiesta di fornire le sue generalità, aveva indicato il campanello dell’abitazione sul quale c’era scritto il suo cognome senza opporre alcuna resistenza.
Sia Matteucci che Sorvillo si erano difesi, sostenendo la correttezza del loro operato. “La signora era agitata, non era collaborativa, non voleva essere identificata, ci prendeva anche in giro, ma non l’abbiamo mai toccata. Il suo nervosismo sempre più accentuato e il fatto che si fosse avvicinata pericolosamente al cinturone del collega Matteucci dove c’era la pistola ci ha spinto a metterle le manette”. “Quando l’abbiamo messa in macchina”, ha ricordato Sorvillo, “ha cominciato a scalciare, colpendomi al ginocchio e alla mano. Nel nostro intervento abbiamo agito per tutelare l’incolumità della signora e anche la nostra“.
Nella sua arringa, il difensore di Matteucci, l’avvocato Marcello Lattari, ha cercato di mettere in dubbio quanto dichiarato dalla donna, ritenendola “totalmente inaffidabile”. “Il mio cliente”, ha detto il legale nella sua arringa, “non ha mai alzato la voce, non ha mai urlato, non le si è mai rivolto con strafottenza, dandole sempre dei lei, non come dichiarato dalla presunta vittima. Le ha chiesto 14 volte di dichiarare le sue generalità, ma lei non lo ha mai fatto. C’era la volontà di non farlo. Il regolamento dice che un agente può accompagnare al comando colui che si rifiuti di dare le proprie generalità“.
Per quest’ultimo episodio, la richiesta danni dei legali della parte civile Marco Fantini e Alessandro De Nittis, che hanno citato il Comune di Cremona come responsabile civile, è stata di 60.000 euro. Oggi per l’amministrazione era presente l’avvocato Enrico Cistriani.
Il 9 luglio repliche e sentenza.
Sara Pizzorni