Cronaca

Giornata nazionale dell'OSS
tre storie dall'ospedale di Cremona

Il 29 maggio 2024 si festeggia la Giornata Nazionale dell’Operatore Socio Sanitario. In occasione di questo evento, abbiamo raccolto la testimonianza di chi svolge questa professione all’interno dei reparti e servizi dell’Asst di Cremona. L’OSS, infatti, è una figura fondamentale nel contesto sanitario e socio sanitario, sempre al fianco del paziente, lo accompagna nel suo percorso di cura, anche attraverso la condivisione di storie, esperienze ed emozioni.

“Dopo venticinque anni nel campo della telefonia, ho iniziato a guardarmi intorno per trovare un nuovo posto di lavoro. Ho capito che il cantiere non faceva per me: volevo un impiego che mi permettesse di relazionarmi con le persone. Nel 2017 ho deciso di seguire il corso per ottenere l’abilitazione come OSS”. Così si racconta Mario Scalmani, Operatore Socio Sanitario dell’Ospedale di Comunità di Cremona.

“La mia prima esperienza in questo ambito si è svolta presso una Residenza sanitaria assistenziale (RSA). Durante quel periodo è capitato spesso che alcuni ospiti piangessero una volta dimessi per tornare a casa. Erano dispiaciuti di lasciarci. Questo è uno dei miei ricordi più toccanti: vedere persone di ottant’anni piangere così significa essere riuscito a lasciare qualcosa nei loro cuori”. Il lavoro dell’Operatore Socio Sanitario, però, non offre solamente esperienze positive ed emozionanti. Qualche volta è possibile scontrarsi anche con momenti tristi e bisogna avere la forza ed il coraggio di affrontarli. “Un altro momento impresso nella mia mente – continua Mario – è stato il periodo del coronavirus. La ricordo come un’esperienza tremenda: veder andarsene due o tre persone al giorno ed essere impotente ha lasciato un segno dentro ognuno di noi”.

Empatia. Questo il termine che utilizza Mario per descrivere il lavoro degli OSS. “In questo ambiente è importante capire chi si ha davanti nel minor tempo possibile. Bisogna essere molto empatici. Le persone con cui veniamo in contatto non necessitano solamente di attenzioni farmaceutiche, ma hanno l’esigenza di avere qualcosa di più. Noi OSS dobbiamo riuscire a strappargli un sorriso”.

Giancarla Maia, Operatore Socio Sanitario della Chirurgia dell’Ospedale Oglio Po specializzata in Alta Intensità, ha da sempre avuto la vocazione per questa tipologia di lavoro. Inizia nel 2000 come Ausiliario Socio Assistenziale, decide di ottenere la riqualifica per diventare Operatore Socio Sanitario nel 2021 per rimettersi in gioco e crescere professionalmente.

Il ricordo più emozionante e vivo di Giancarla è la prima avventura in Chirurgia, “qui ho conosciuto persone con le quali è nato un meraviglioso rapporto. La cosa bella di questo lavoro è poter legare ed avvicinarsi non solo ai colleghi, ma anche ai pazienti, entrando in contatto con storie ed esperienze sempre diverse. Se dovessi dare un consiglio a chi vuole intraprendere questo percorso, direi di essere sempre solari e propositivi”.

Giancarla descrive questo lavoro con la parola cura. “Sono molti i significati di questo termine. Assistenza alla persona, supporto morale, relazione che viene a crearsi con il paziente. L’Operatore Socio Sanitario è tutto questo e molto di più. È un lavoro che ti permette di coltivare la tua professionalità e al contempo dedicarti tutti i giorni al benessere delle persone”.

Fatima Ben Chhiba, Operatore Socio Sanitaria presso la Chirurgia Generale dell’Ospedale di Cremona, ha iniziato la sua carriera lavorativa come operaia. “Mi piaceva molto ed era un posto fisso, ma avevo l’impressione che mi mancasse qualcosa. Sentivo la necessità di avere un maggiore contatto con le persone. Per questo motivo ho deciso di licenziarmi. Ho iniziato con l’assistenza domiciliare e, nel 2000, ho seguito il corso per diventare OSS”.

“Questo lavoro è gratificante – sostiene Fatima –, succede spesso che i pazienti ti ringrazino. Al tempo stesso, si tratta di una mansione pesante sia fisicamente che mentalmente. Non è un lavoro adatto a tutti, bisogna avere passione in modo da trattare le persone con un occhio attento e non in modo superficiale. Se si possiede la “vocazione”, al contrario, quello dell’OSS è una delle professioni più belle”.

Per descrivere il suo lavoro Fatima usa la parola pilastro. “L’OSS ha un ruolo fondamentale nel reparto, è a strettissimo contatto con il paziente. È la figura di riferimento, quella con cui è possibile scambiare due parole e fare una passeggiata. È necessario essere amichevoli, così che le persone si possano fidare e vivere un’esperienza quanto possibile gradevole. In questo senso penso al mio lavoro come uno dei pilastri della cura”.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...