Comprò villetta mai terminata
Architetti assolti: non c'è truffa
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Non c’è il dolo, e quindi non sussiste il reato di truffa. Con la formula de “il fatto non sussiste”, oggi il giudice ha assolto due architetti cremonesi, padre e figlio di 84 e 50 anni, titolari della srl Dimore Innovative, che erano stati trascinati a processo da Andrea Zorza, tecnologo alimentare, con cui avevano stipulato un contratto preliminare di vendita per la costruzione di un immobile al quartiere Maristella entro il 31 ottobre del 2019 al prezzo di 300.000 euro, di cui 50.000 versati alla stipula del contratto preliminare e di ulteriori 50.000 versati il 31 maggio del 2019.
Per il pm, che per ciascuno degli imputati aveva chiesto la condanna a 6 mesi e 300 euro di multa, gli imputati avrebbero offerto garanzie di fideiussione da parte dell’Associazione Fidi Società Cooperativa, che non poteva rilasciare fideiussioni direttamente ai privati per mancanza della relativa autorizzazione. Inoltre i lavori, andati avanti con lentezza, non sono mai stati terminati. Per la procura, padre e figlio avrebbero quindi ottenuto l’ingiusto profitto di 100.000 euro. Il cliente, nonostante varie richieste, tra cui quella di stipulare una convenzione di negoziazione e di pignoramento, non aveva ottenuto nè l’immobile, nè la restituzione del denaro versato, e in più si era dovuto comprare la casa in cui era in affitto.
“Per il mio cliente è rimasta solo tanta amarezza”, ha detto dopo la lettura della sentenza l’avvocato di parte civile Cesare Grazioli, che aveva chiesto un risarcimento di 250.000 euro. Soddisfazione, invece, è stata espressa dall’avvocato difensore Andrea Daconto. “Dispiace davvero per la parte civile”, ha detto il legale, “perchè è una perdita economica, ma sicuramente i due architetti non sono criminali, non hanno truffato nessuno.
Lo scorso 18 marzo, il 50enne si era difeso, raccontando la propria versione dei fatti: dopo aver acquistato i terreni nel 2018, Alta Dimora, sempre dei due architetti, aveva subappaltato i lavori al Consorzio Comi. La costruzione era partita, ma nel frattempo la ditta era rimasta indietro con i pagamenti, e per questo a metà giugno la ditta aveva incontrato l’azienda costruttrice, cercando un accordo.
“Avevamo chiesto di estendere i tempi per il pagamento degli arretrati in cambio del condono di una penale di 50mila euro, dovuta al mancato rispetto delle tempistiche da parte loro”, aveva raccontato. “A garanzia dei pagamenti, mio padre aveva anche versato degli assegni personali”.
L’azienda si era quindi impegnata a proseguire la costruzione delle abitazioni, ma all’inizio di luglio i lavori si erano fermati, perchè si aspettava l’arrivo del tetto. “Invece, 15 giorni dopo era arrivata una revocatoria”.
Il 50enne lo aveva scoperto quando si era recato dal notaio per le visure. “Non ho ancora capito perché abbiano fatto la revocatoria, avevano gli assegni a garanzia”, aveva detto in aula. Comi si era preso tutto il cantiere, aggredendo la società, che non lavoravano con le banche, ma con i clienti. E che dai clienti non prendevano più i soldi. Comi faceva pressione su Zorza. “Non è normale che Comi chiami il cliente per informarlo dell’azione revocatoria, fa pressione per prendere i soldi al cliente e poi si fa assegnare il cantiere”, ha detto l’avvocato Daconto nella sua arringa . “Alta Dimora è andata in concordato preventivo. Il figlio, con il suo lavoro da libero professionista ha già versato 400mila euro. Non mi sembra che ci sia un atteggiamento da truffatori”.
Ora la parte civile si è riservata di leggere le motivazioni della sentenza. “Noi come parte civile non possiamo impugnare la sentenza”, ha detto l’avvocato Grazioli, “ma auspichiamo che lo faccia la procura, visto che il pm ha chiesto la condanna”.
Sara Pizzorni