Bimbo morto dopo parto: "La
causa, una patologia genetica"
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Confronto tra consulenti, oggi, nella terza udienza del processo che vede imputata una ex ginecologa dell’ospedale Maggiore, ora in pensione, accusata di omicidio colposo. L’11 gennaio di tre anni fa una mamma di 36 anni residente a Cremona arrivata alla 31esima settimana di gravidanza partorì due gemelli all’ospedale di Cremona, ma uno dei piccoli morì venti minuti dopo il parto. Erano due maschi. Per la procura, l’imputata, assistita dagli avvocati Diego Munafò e Fabrizio Rondino, avrebbe causato la morte del neonato, deceduto per una “acuta sofferenza fetale inseritasi in una condizione di intrinseca fragilità del feto legata ad un ritardo di crescita intrauterino”.
Per i consuenti del pm, il medico legale Andrea Verzeletti e il ginecologo Michele Costa, entrambi in servizio presso l’Istituto di Medicina Legale di Brescia, i tracciati cardiotocografici erano “patologici”: secondo gli esperti, dunque, l’imputata avrebbe dovuto predisporre subito il parto cesareo. Al contrario i consulenti della difesa, l’anatomopatologo Gaetano Bulfamante, il ginecologo dell’ospedale di Spoleto Maurizio Silvestri e il medico legale di Genova Luca Vallega, hanno parlato di una “causa genetica”, in quanto il piccolo avrebbe avuto la carenza di una proteina nel polmone, una rara patologia con diversi aspetti di gravità; un problema che sarebbe emerso solo dopo la nascita e dunque impossibile da diagnosticare durante la gravidanza.
Secondo l’accusa, dal tracciato cardiotocografico eseguito il 10 gennaio del 2021 alle 17,09 e valutato alle 18,20 dal ginecologo del turno precedente, sarebbe emersa una “variabilità di base ridotta e decelerazioni atipiche”, mentre da un altro tracciato eseguito il giorno dopo a mezzanotte e valutato all’1,30 dall’imputata sarebbe emersa una “grave e continua alterazione del battito cardiaco fetale con variabilità assente per più di un’ora e una decelerazione variabile grave atipica con lenta ripresa della frequenza di base a carico di uno dei due feti”.
Per la procura, la ginecologa avrebbe “omesso di disporre un monitoraggio più frequente delle condizioni di salute della mamma e dei due feti, così come avrebbe omesso, senza alcuna ragione, di disporre un taglio cesareo urgente, procedendo, al contrario, alla rivalutazione del quadro clinico, ordinando un altro tracciato solo alle 7,10 dell’11 gennaio, con esito del tutto sovrapponibile a quello effettuato alla mezzanotte del medesimo giorno”.
La mattina dell’11 gennaio l’imputata si era presentata nell’ufficio del primario Aldo Riccardi e insieme, dopo aver visto il tracciato, avevano concordato di procedere con il taglio cesareo in urgenza.
Ad occuparsi dei due nascituri al momento della nascita erano stati due medici di Neonatologia. Mentre uno si era accertato delle condizioni di uno dei bimbi, che dopo aver risposto alle manovre è stato bene, il collega ha subito notato nel gemello delle malformazioni, “come una asimmetria toracica e una rigidità dei polmoni”. “Ecco perchè”, era stato spiegato in aula, “non rispondeva alla ventilazione”.
Per gli esperti del pm, il decesso non avrebbe avuto a che fare con la patologia genetica di cui hanno parlato i colleghi della difesa. Il cesareo avrebbe dovuto essere fatto subito, mentre per i consulenti della difesa l’esito sarebbe stato comunque infausto per uno dei bimbi, affetto dalla carenza di una proteina al polmone. Anzi, se si fosse aspettato a procedere con il cesareo, al bimbo sopravvissuto si sarebbe data l’opportunità di crescere di più all’interno dell’utero materno.
Nel processo, la paziente, già mamma di una bambina, si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Giancarlo Rosa.
Il 9 ottobre è prevista la sentenza.
Sara Pizzorni