Con processione 2 maggio aperto
Giubileo del Santuario Lauretano
«Umile abitazione testimonianza dell’avvenimento più grande della storia: l’incarnazione», il Santuario lauretano custodito nella chiesa di Sant’Abbondio, a Cremona, compie 400 anni dalla sua fondazione. Per questo giovedì sera la tradizionale processione cittadina di inizio maggio dalla Cattedrale fino alla parrocchia di Sant’Abbondio ha assunto un significato particolare che ha preso corpo in una lettera pastorale destinata alla città di Cremona, di cui la Vergine lauretana è co-pratrona. Lo ha ricordato il vescovo Antonio Napolioni, durante la celebrazione, facendo sue le parole che san Giovanni Paolo II rivolse all’arcivescovo di Loreto in occasione del 7° centenario del santuario delle Marche: «Il centenario non è un avvenimento cronologico, ma è un momento di grazia, in cui si fa memoria riconoscente del passato e ci si protende con rinnovato dinamismo verso il futuro».
Ed è con questo spirito che i fedeli della città si sono ritrovati giovedì sera in Cattedrale per meditare sulla figura di Maria, la Vergine di Nazareth «segno di consolazione e di sicura speranza per tutti noi pellegrini sulla terra». Presso la chiesa madre, il vescovo con i canonici del Capitolo, i parroci della città, i seminaristi, religiosi e religiose, con il sindaco Gianluca Galimberti (immagine della comunità civile) e i fedeli laici ha acceso, dal cero pasquale, le candele che hanno accompagnato la processione. Quindi è seguito un cammino per le strade del centro verso quella che Napolioni ha definito «cuore della nostra città», la ricostruzione fedele della casa di Maria a Nazareth, voluta nel 1624 da Gian Pietro Ala. Il nobile prevedendo di non poter più viaggiare per le difficoltà legate all’età, fece erigere una struttura identica a quella di Loreto a fianco della chiesa di Sant’Abbondio e si adoperò perché la Madonna nera diventasse patrona della città. Protettrice di Cremona, dunque, da 400 anni, nei quali «ha insegnato ai cremonesi la virtù dell’accoglienza e lo stile della solidarietà che «hanno colpito positivamente» il vescovo Napolioni «chiamato a essere cremonese di adozione».
Il percorso a piedi dalla Cattedrele, suggestiva immagine del cammino di ogni vita, è stato scandito dalla recita del Rosario secondo la prima delle 4 tracce lauretane predisposte dall’Ufficio liturgico diocesano, in un libretto che servirà alle parrocchie della città per pregare (siamo nell’anno che Papa Francesco ha dedicato alla preghiera) uniti spiritualmente durante il mese di maggio. I misteri erano incentrati sulle «case di Gesù»: da quella di Betlemme a quella di Nazareth, da Cafarnao per arrivare, attraverso la casa «di un tale» a quella dove Cristo ha celebrato la Pasqua. La preghiera è stata intervallata dai canti del coro Sicardo, guidato dal maestro Fulvio Rampi, che ha poi accompagnato il resto della celebrazione in Sant’Abbondio. I fedeli, infatti, una volta che la processione è arrivata nella parrocchiale, hanno occupato gli spazi della chiesa in maniera composta, lasciando che si raggiungesse con gli altoparlanti anche chi era rimasto nella piazzetta, non riuscendo a entrare nella chiesa gremita.
Dopo la proclamazione delle litanie è seguita l’omelia del vescovo che ha reso pubblica la sua intenzione di donare a Cremona, con la lettera pastorale Al cuore della nostra città, un forte messaggio di speranza, ma anche di impegno religioso e civile. In un tempo in cui, esattamente come nel 1624, «è difficile arrivare in Terra Santa». Ma proprio perché questi viaggi oggi sono difficili è importante «peregrinare nella vita concreta di chi ci sta attorno – ha detto Napolioni –. Infatti se andare nei luoghi santi consentiva di stare dove Gesù aveva camminato, noi stiamo dove sta Gesù oggi», tra la gente. E da qui la riflessione del vescovo si è sviluppata seguendo, anche se per cenni, la traccia della riflessione scritta nella lettera pastorale, consegnata simbolicamente a fine omelia nelle mani del sindaco e poi distribuita ai fedeli presenti.
E se «entrare nella Santa Casa è entrare nella verità ultima», cioè l’Incarnazione, questo spazio sacro è anche il luogo della famiglia, quella di Nazareth ma anche di «tutte le famiglie». La comunità deve riscoprirsi «Chiesa domestica», nata tra le case e cresciuta nel tempo. Ci sono case «molto speciali – ha detto Napolioni – in cui la condivisione spicca perché sollecitata dal dolore». Il pensiero è andato agli ospedali, al carcere, alla Casa dell’accoglienza della Caritas e a tutte le case dove si accoglie il bisogno. «Maria è di casa in città», ha ricordato il vescovo. Ed ecco che «i credenti sanno affidare all’intercessione della Madonna quanti hanno responsabilità istituzionali delicate, da cui dipende in vari modi il progresso sociale per la libertà e dignità di ciascuno». Monsignor Napolioni si è rivolto così ai cittadini chiamati al «duplice esercizio di democrazia da non disertare»: le elezioni amministrative ed europee. L’obiettivo: il bene comune e «un impegno per cui ciascuno si senta di casa in città, valorizzando le diversità, i percorsi di integrazione con crescente corresponsabilità» promuovendo la «cultura dell’incontro». Infatti se «la santa casa è la più piccola della città è quella in cui tutti si sentono abbracciati» e camminano insieme (gli appuntamenti per sottolineare le celebrazioni saranno tanti) verso il Giubileo del 2025.