Cronaca

Voleva studiare ed essere libera
Colpita col mestolo incandescente

Non volevano che la figlia studiasse, volevano che sposasse un uomo scelto dalla famiglia, volevano che si occupasse delle faccende di casa affinchè diventasse una brava moglie e che non perdesse tempo fuori con gli amici, soprattutto maschi. Una famiglia all’antica, dedita alle tradizioni culturali del proprio paese, una famiglia da anni residente nel cremonese che però faceva fatica ad integrarsi, con la figlia che si ribellava alle imposizioni.

“Pulivo, preparavo la cena per tutta la famiglia e studiavo la notte”, ha detto oggi la giovane nella sua testimonianza contro i genitori, che in due procedimenti separati sono a processo per il reato di maltrattamenti in famiglia. La mamma, in particolare, una 48enne indiana, madre di tre figli, due maschi e la femmina, sarebbe quella che avrebbe commesso le violenze più pesanti. E il padre ne sarebbe stato consapevole e anche lui avrebbe alzato le mani. “Non parlo più con mio padre dalla prima superiore”, ha spiegato la ragazza, che sarebbe stata maltrattata per dieci anni, dal 2010 al 2020.

“Non potevo assolutamente uscire, stare con gli amici: alle elementari c’era un bambino che veniva a scuola con me. Suo fratello andava a calcio con mio fratello più grande, il quale è andato a dire a mio padre che giocavo troppo con questo bambino. Mio padre prima mi ha preso a sberle in cucina, poi mi ha portato in camera da letto e mi ha picchiato tantissimo. Mi ha legato le mani sopra la testa con una cintura. Io urlavo e piangevo. Mi picchiava dappertutto, soprattutto sulle gambe. Era stato lui a chiedere a mio zio di trovarmi qualcuno da farmi sposare. Poi c’è stato il Covid”. Oggi la giovane, maggiorenne e studentessa universitaria, vive in una casa protetta in un’altra città.

Secondo l’accusa, la madre l’avrebbe picchiata abitualmente colpendola con violenza con il mattarello e con un bastone. In varie occasioni le avrebbe afferrato i capelli, l’avrebbe schiaffeggiata, le avrebbe lanciato contro il viso una chiave inglese, colpendola con un bicchiere di vetro, ustionandole un braccio con un mestolo incandescente e procurandole lesioni: lividi, escoriazioni, tagli su una mano e sulla fronte. In più le avrebbe impedito di uscire con le amiche, di partecipare ad attività extra scolastiche, obbligandola durante il giorno a svolgere lavori domestici. E niente amicizie maschili. “Un giorno, dopo la scuola”, ha raccontato la ragazza, “stavo passeggiando con un mio compagno di classe. Mio fratello maggiore ci ha visto insieme e lo ha detto alla mamma che al rientro a casa mi ha picchiata”.

A testimoniare oggi in aula è stata anche un’amica della vittima, sua compagna al liceo. “In prima liceo era molto triste e chiusa, poi in quarta ha cominciato a confidarsi con me, spiegandomi la sua situazione familiare. In casa non era libera, non poteva usare il cellulare, doveva fare i lavori di casa e quindi era costretta a studiare la notte. A scuola era molto brava. I genitori la picchiavano, non volevano che continuasse a studiare. Volevano farla sposare in India. Un giorno a scuola le ho visto una bruciatura sul braccio”.

A processo la giovane indiana è parte civile, mentre gli imputati sono assistiti dall’avvocato Mario Tacchinardi. Secondo la tesi difensiva, da parte dei genitori non ci sarebbe stata alcuna volontà di umiliare la figlia, né di perseguitarla, ma piuttosto di educarla”. Nei confronti del padre, a suo tempo la procura aveva chiesto l’archiviazione, ma la figlia si era opposta e il gip aveva ordinato l’imputazione.

Per la madre la sentenza è prevista il prossimo 25 giugno, mentre il procedimento nei confronti del padre è stato aggiornato al 19 novembre con l’esame di altri testimoni del pm Chiara Treballi.

Sara Pizzorni

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