Cronaca

Cene di lusso mai pagate
In aula la truffa del delivery

Nuova udienza in tribunale per la maxi truffa del cibo da asporto non pagato. Ventiquattro gli esercizi commerciali di Cremona e provincia che erano stati presi di mira, compresi ristoranti di lusso, per un danno complessivo che sfiora i 9000 euro. Una vicenda che era balzata agli onori della cronaca nel periodo del lockdown da Covid. Sotto accusa per truffa ci sono tre donne.

Durante il lockdown gli esercenti ricevevano ordini di acquisto telefonici dal committente che si fingeva persona incaricata da un abituale cliente. Ma poi, una volta ritirata la merce, nessuno provvedeva a saldare il conto precedentemente concordato. Spesso veniva scelto un menu piuttosto costoso: in un ristorante, ad esempio, erano stati ordinati escargot e pasta con il tartufo per un danno di 400 euro. In una pasticceria di Cremona, invece, il 16 gennaio del 2020 una delle imputate, che si sarebbe finta parente di un cliente del negozio, aveva ordinato una torta di 46 euro che aveva ritirato senza pagarne il corrispettivo, con il pretesto che sarebbe passato il cliente a saldare il conto. Cosa mai avvenuta.

Stesso modus operandi anche in un negozio di Cremona, dove al telefono da una voce femminile erano stati ordinati bottiglie di vino, champagne e tre chili di caffè per un importo di 296 euro. “Avevamo un numero di cellulare con il quale eravamo stati chiamati”, ha raccontato oggi il titolare, che quel giorno di ottobre del 2020 non era presente. Nel locale c’era solo il suo dipendente, “che si è fidato”. “Per cercare di risalire ad un nome”, ha spiegato il testimone, “dal numero di telefono dello studio di mia moglie, libera professionista, abbiamo provato a richiamare quel cellulare a cui non aveva più risposto nessuno. E a sorpresa ci hanno richiamati. Era un donna, ci ha detto il nome e chiedeva il motivo della chiamata. Parlando con altre persone siamo poi venuti a sapere che anche altri erano stati truffati”.

La truffa era andata in scena anche in un ristorante pizzeria di Piadena, dove era arrivata una telefonata. Questa volta la voce era maschile. Il truffatore si era presentato con il nome e il cognome di un vero cliente del locale e il ristoratore si era fidato. Il cliente aveva ordinato pizze, vini, liquori, da consegnare, la sera stessa, a Vescovato alla nipote. “Eravamo in lockdown, ci faceva comodo”, ha raccontato il titolare, che una volta arrivato a Vescovato aveva trovato ad attenderlo una ragazza in bicicletta. “Era giovane, capelli scuri. Le ho consegnato l’ordine”. Nessuno, però, aveva più saldato il conto.

Alcuni dei titolari dei locali truffati hanno deciso di rimettere la querela, altri, invece, hanno voluto andare avanti, testimoniando a processo. Si torna in aula il prossimo 18 novembre con la testimonianza degli inquirenti che avevano scoperto i raggiri.

Sara Pizzorni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...