Cronaca

Truffa milionaria in banca. Per
ex funzionaria condanna definitiva

Sei anni all'ex responsabile della filiale di San Bassano del Credito Padano, accusata di truffa aggravata. Va in carcere

In primo grado, nel 2020, il tribunale di Cremona aveva condannato Daniela Zignani, di Pizzighettone, ex responsabile della filiale di San Bassano del Credito Padano, accusata di truffa aggravata dal danno di rilevante entità e per aver abusato del rapporto di lavoro con la banca, a  dieci anni, un mese e venti giorni di reclusione e ad una multa di 4.660 euro, oltre al risarcimento dei clienti e della filiale di San Bassano del Credito Padano: per la banca una provvisionale di 203.000 euro. Tre anni dopo, in Appello, essendo prescritti alcuni episodi di truffa, i giudici della Corte d’Appello di Brescia, seppur confermando l’impianto accusatorio, avevano ridotto la pena, condannando l’imputata a sei anni di reclusione, e confermando i risarcimenti disposti nel giudizio di primo grado.

Ora sulla vicenda la Cassazione ha messo la parola fine, dichiarando inammissibile il ricorso della Zignani e condannandola in via definitiva alla pena inflitta in secondo grado. La pena è diventata definitiva e l’imputata, alla quale i giudici di Cremona avevano disposto la confisca di 426.377, 34 euro dal suo conto corrente, andrà in carcere.

Gli avvocati Gian Pietro e Monica Gennari

In tutto le parti civili erano 54, compresa la banca, rappresentate dagli avvocati Gian Pietro e Monica Gennari.

Dal 2003 al 2017 la Zignani aveva effettuato operazioni sospette ai danni di clienti della filiale di San Bassano, come titoli trasferiti e venduti all’insaputa delle vittime e polizze assicurative incassate da soggetti diversi dai contraenti. Complessivamente la somma sottratta era stata quantificata in due milioni di euro.

Il presidente dell’istituto di credito Antonio Davò

A presentare denuncia in procura, nel marzo del 2017, era stato il presidente dell’istituto di credito Antonio Davò. I casi individuati erano stati portati alla luce dai controlli interni effettuati dalla banca nel febbraio del 2017. Si trattava di singole operazioni anomale, di media entità (tra i diecimila ed i venticinquemila euro), legate al trasferimento di titoli ed alla movimentazione di polizze assicurative effettuate dalla ex responsabile della filiale all’insaputa dei clienti, distraendo fondi per circa due milioni di euro. Tra i movimenti sospetti, anche alcune polizze assicurative stipulate da ospiti di una casa di riposo. Gli importi erano stati riscattati e trasferiti su conti intestati a persone diverse da coloro che le avevano sottoscritte.

“Il comportamento della Zignani ci ha sconcertati”, ha dichiarato il presidente Davò: “Innanzitutto, è stata tradita la fiducia alla base del rapporto di lavoro. In quasi 130 anni di storia della Bcc non era mai accaduto. Ci ha colpito poi la totale assenza di scrupoli, la modalità odiosa con cui la truffa è stata perpetrata nei confronti dei clienti che si affidavano a lei per la gestione dei propri risparmi, in particolare persone anziane o in difficoltà. Essendosi definitivamente concluso il processo la Banca provvederà al risarcimento del restante danno ai clienti ed agirà nei confronti di Zignani Daniela per il recupero delle somme sottratte”.

“Nel processo”, ha ricordato l’avvocato Gian Pietro Gennari, “è emerso che il Credito Padano ha fornito agli organi inquirenti la massima collaborazione ed assistenza nella ricostruzione delle singole truffe fornendo un dettagliato quadro generale e probatorio di quanto era avvenuto. Di tale attività ne viene dato atto nella sentenza di primo grado, sentenza che ha resistito in tutti i successivi gradi del giudizio. In merito al processo non posso dimenticare il contributo professionale del Collega e amico, Avvocato Cesare Gualazzini, che ha partecipato alla difesa nel primo grado di giudizio assistendo alcuni dei clienti truffati”.

“Sia in in Appello che in Cassazione”, ha spiegato l’avvocato Monica Gennari, “è stata respinta la tesi della difesa dell’imputata di configurare il reato contestato alla Zignani come frode informatica, reato che prevede una pena inferiore rispetto a quella stabilita per la truffa. Questo perché il reato di truffa informatica, diversamente dalla truffa, si realizza con l’alterazione dell’identità digitale della persona offesa dal reato; così come aveva recentemente affermato la II° Sezione Penale della Corte di Cassazione. È rimasta confermata la valutazione operata dal Tribunale di Cremona in ordine alla statuizione di una pena superiore ai minimi editali stante la comprovata natura, gravità e i motivi a delinquere riscontrati a carico di Zignani Daniela”.

La Zignani, per impossessarsi delle somme di denaro dei clienti, aveva utilizzato “abusivamente moduli firmati in bianco o falsificando le firme degli interessati, trasferendo titoli e polizze vita intestati alle persone offese su dossier e conti correnti di suoi familiari, facendo poi confluire al proprio patrimonio, mediante bonifici e prelevamenti in contanti, le somme derivanti dalla liquidazione dei titoli e delle polizze”. “Indipendentemente dal trasferimento e dalla liquidazione di titoli e polizze”, aveva poi “addebitato bonifici bancari sui conti correnti delle persone offese, facendo confluire, direttamente o mediante più giroconti, su conti correnti propri e di suoi familiari le somme sottratte”.

A scoprire gli ammanchi erano stati gli ispettori del Credito Padano incaricati di eseguire controlli periodici sulle attività delle varie filiali. A quel punto la banca, dopo aver effettuato i necessari approfondimenti, aveva contattato i clienti interessati per procedere al rimborso delle somme sottratte e aveva sporto denuncia contro l’ex titolare della filiale che nel frattempo era stata sollevata dal proprio incarico.

“La Zignani, scriveva il giudice di primo grado nella motivazione, “ha indotto in errore persone anziane, vulnerabili e prive di qualsiasi competenza economico finanziaria che avevano riposto completamente in lei la loro fiducia. L’imputata, invece, specialmente in concomitanza con momenti di criticità delle persone offese, quali lutti, malattie o situazioni di difficoltà personale, tali da ridurre ulteriormente la loro attenzione sull’andamento degli investimenti, ha tradito la fiducia dei clienti, compiendo operazioni spregiudicate in violazione delle più elementari norme di correttezza nell’attività bancaria. Le truffe commesse hanno turbato sia l’intera comunità di San Bassano, che da quasi vent’anni vedeva nella direttrice un punto di riferimento per le attività economiche locali, sia l’intera struttura del Credito Padano”.

Sara Pizzorni

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