Cronaca

Bimbo morì dopo parto
gemellare: ginecologa a processo

L’11 gennaio di tre anni fa una mamma di 36 anni residente a Cremona arrivata alla 31esima settimana di gravidanza partorì due gemelli all’ospedale di Cremona, ma uno dei piccoli morì venti minuti dopo il parto. Erano due maschi. Con l’accusa di omicidio colposo è finita a processo una ginecologa all’epoca in servizio all’ospedale Maggiore, ora già in pensione. Per la procura, l’imputata, assistita dagli avvocati Diego Munafò e Fabrizio Rondino, avrebbe causato la morte del neonato, deceduto per una “acuta sofferenza fetale inseritasi in una condizione di intrinseca fragilità del feto legata ad un ritardo di crescita intrauterino”. Nel processo, la paziente, già mamma di una bambina, si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Giancarlo Rosa.

Il drammatico racconto della mamma: “Ho urlato, si vedeva che il mio bimbo aveva sofferto”

L’avvocato di parte civile Rosa

“Ho cominciato ad avere problemi dal quinto mese”, ha raccontato la donna in aula. “Sentivo che c’era qualcosa che non andava. Avevo dolori e mi sono recata spesso al pronto soccorso e a dicembre ho chiamato l’ambulanza, ma sostenevano che fosse tutto posto. A gennaio ho avuto delle forti contrazioni e mi faceva male. Sentivo meno movimento dalla parte sinistra”. La donna era stata sottoposta ad esami e ricoverata il 9 gennaio.  Il giorno dopo non stava bene, tanto che aveva suonato più volte il campanello. L’11 mattina la situazione si era aggravata. “Piangevo dal dolore e avevo bevuto tantissimo: 11 bottiglie d’acqua da mezzo litro in meno di un’ora, non era normale”, ha ricordato lei, che poi scoprirà di soffrire di diabete. “Poi nella mia stanza sono arrivati tanti dottori. Mi hanno portato in sala operatoria e mi hanno fatto l’epidurale. Non ho sentito piangere. Il mio bimbo l’hanno portato in terapia intensiva, e dopo i medici non volevano diermi che era morto. Ho urlato, ho voluto che mi portassero mio figlio. L’ho tenuto in braccio perchè lo volevo vedere. Era pieno di macchie scure in faccia e su tutto il corpo. Si vedeva che aveva sofferto. Ho pregato per lui, ogni mercoledì vado al cimitero a trovarlo e ho insistito tanto affinchè venisse effettata l’autopsia”.

L’avvocato della difesa Munafò

Secondo l’accusa, dal tracciato cardiotocografico eseguito il 10 gennaio del 2021 alle 17,09 e valutato alle 18,20 dal ginecologo del turno precedente, sarebbe emersa una “variabilità di base ridotta e decelerazioni atipiche”, mentre da un altro tracciato  eseguito il giorno dopo a mezzanotte e valutato all’1,30 dall’imputata sarebbe emersa una “grave e continua alterazione del battito cardiaco fetale con variabilità assente per più di un’ora e una decelerazione variabile grave atipica con lenta ripresa della frequenza di base a carico di uno dei due feti”.

La ginecologa avrebbe omesso di disporre un monitoraggio più frequente delle condizioni di salute della mamma e dei due feti, così come avrebbe omesso, senza alcuna ragione, di disporre un taglio cesareo urgente, procedendo, al contrario, alla rivalutazione del quadro clinico, ordinando un altro tracciato solo alle 7,10 dell’11 gennaio, con esito del tutto sovrapponibile a quello effettuato alla mezzanotte del medesimo giorno.

Oggi in aula, oltre ad un carabiniere del Nas e alle ostetriche, è stato sentito il ginecologo di turno che ha parlato di “glicemia alterata, sospetto di diabete, pressione arteriosa border line e di bimbi più piccolini rispetto a quanto ci si attendeva”. “Quando ho passato le consegne alla collega”, ha riferito, “le ho spiegato il caso clinico, essendo una gravidanza patologica”.
Altri testimoni, tra cui il primario Aldo Riccardi, saranno ascoltati all’udienza del 24 aprile.

Sara Pizzorni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...