Abusivi in casa. Ma non potevano
andare altrove causa Covid: assolti
Gian Luigi e Morena, lui 50enne milanese, lei 45enne cremasca, sono finiti a processo con l’accusa di violazione di domicilio per essersi intrattenuti in un appartamento di proprietà del comune di Pandino contro la volontà del sindaco pro-tempore Piergiacomo Bonaventi e per non aver ottemperato al provvedimento comunale emesso il 19 maggio del 2020 che imponeva loro di lasciare la casa entro il 31 maggio di quello stesso anno. Alla scadenza, infatti, la coppia non aveva riconsegnato le chiavi ed era andata avanti ad abitare abusivamente nello stabile.
Ma il giudice li ha assolti entrambi in quanto all’epoca si era in piena emergenza sanitaria Covid e c’era l’obbligo di rimanere nelle proprie abitazioni. In quei giorni, per di più, era stato adottato il Decreto “Cura Italia” con l’obiettivo di ridurre gli effetti economico-sociali della pandemia che prevedeva la sospensione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, fino al 31 dicembre 2020, così come erano in vigore il Decreto Milleproroghe e il blocco degli sfratti.
Gian Luigi, che era disoccupato, e la sua compagna Morena erano ospiti all’insaputa del sindaco nella casa popolare assegnata al fratello di lui. Il 13 maggio del 2020 il fratello si era tolto la vita e la coppia era rimasta a vivere nello stabile comunale. Solo in seguito alla morte dell’assegnatario dell’immobile, il 13 maggio del 2020, il Comune aveva scoperto che i due imputati abitavano lì dall’aprile del 2020. Nonostante la richiesta di provvedere allo sgombero dell’immobile, notificata il 20 maggio, la coppia non aveva liberato l’appartamento, nonostante i continui solleciti.
Per la difesa, rappresentata dagli avvocati Raffaella Parisi ed Antonio Maestrini, era necessario “analizzare la situazione economica e psicologica in cui viveva all’epoca dei fatti l’imputato, oltre a considerare l’emergenza sanitaria in corso. È un quadro di disperazione, l’imputato versava in una grave situazione di indigenza aggravata da un lutto avvenuto in una drammatica situazione. Sullo stato di necessità, il fenomeno dell’occupazione abusiva di immobili è dilagato negli ultimi decenni come conseguenza della disperazione sociale originata dalla crisi economica a cui si aggiungono le conseguenze della pandemia da da Covid.
La crisi causata dalle restrizioni mirate al contenimento del contagio ha,
inevitabilmente, aumentato il fenomeno dell’occupazione abusiva L’imputato non ha voluto occupare l’immobile per trarne profitto. Lo stato di indigenza costituisce giustificato motivo dell’occupazione della casa come bene primario”. “L’ imputato”, per la difesa, “era effettivamente privo di valide alternative, nella disponibilità di un alloggio, anche solo provvisorio, ovvero di una fonte di reddito idonea a reperirlo sul mercato”.
Di più: secondo il giudice che ha emesso sentenza di assoluzione, “l’immobile in cui gli imputati si trattenevano non era di fatto abitato o ad altro legittimo titolo occupato da altri, ma costituiva oggetto di un provvedimento amministrativo che intimava al rilascio”. “Ora”, scrive il giudice nella motivazione, “il permanere nell’immobile di proprietà comunale avveniva senza che tale sua condotta interferisse o condizionasse in alcun modo la libertà di terzi di abitare o dimorare o occupare ad altro titolo la casa, non essendo stato nemmeno individuato un eventuale assegnatario dell’immobile di proprietà pubblica.
Inoltre il permanere nell’immobile si verificava poco tempo dopo la morte del fratello e a meno di un mese di distanza dalla notifica del provvedimento della pubblica amministrazione e dallo spirare del termine della proroga”. “Esclusa”, dunque, per il giudice, “la sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dal reato, ovvero il dolo quale consapevolezza e volontà di introdursi o trattenersi in un luogo che costituisce altrui domicilio contro la volontà di chi ne sia titolare”.
Sara Pizzorni