Cronaca

Endometriosi, la testimonianza:
"Così ho spento il dolore"

La dottoressa Patrizia D'Auria con Alessia

«Ora posso ricominciare ad avere ventitré anni». Alessia convive con l’endometriosi. In una lettera indirizzata all’Ufficio Relazioni con il Pubblico dell’Asst di Cremona, ringrazia gli specialisti che si sono presi cura di lei, trovando una soluzione al suo dolore. Grazie ad una terapia sperimentale proposta dalla Neurochirurgia di Cremona, è riuscita a “spegnere” il dolore e riprendere in mano la propria vita. In occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi (28 marzo 2024), la giovane paziente condivide la propria esperienza e incoraggia le donne che affrontano la stessa malattia a non sottovalutare i sintomi e affidarsi a centri e professionisti specializzati.

UNA MALATTIA INVISIBILE

«L’endometriosi ha messo in pausa la mia voglia di vivere – racconta – Ero stravolta da un dolore che non riuscivo a identificare. Veniva da dentro, mi attaccava le viscere, l’addome e progressivamente la schiena e la gamba destra. Non riuscivo a camminare né a stare seduta: ho smesso di fare tutto ciò che facevo prima, dalle attività quotidiane alla vita sociale. La cosa più difficile è stata spiegarlo agli altri, sentirmi capita: come fai a spiegare qualcosa che non si vede?»

A luglio 2021 arriva la diagnosi: endometriosi. Alessia si rivolge ad un centro specializzato per la malattia, dove tenta una prima terapia farmacologica e successivamente un intervento chirurgico. «Speravo di stare meglio ma così non è stato, il dolore è peggiorato». Alla prima diagnosi se ne aggiungono altre due: vulvodinia e neuropatia del pudendo, cui seguono altre terapie ma senza buoni risultati.

PROFESSIONISTI PREPARATI

«L’endometriosi è una patologia cronica e silenziosa», spiega Aldo Riccardi, direttore del Dipartimento Materno Infantile di Cremona. «Pur essendo di natura ginecologica, può interessare più organi e apparati, causando un dolore diffuso che accompagna la donna in ogni momento. Possiamo considerarla una malattia sociale, perché incide anche sulle relazioni interpersonali». A Cremona, il percorso diagnostico parte da un’indagine accurata per identificare la natura e l’entità dei sintomi.

«Per riconoscerla bisogna saperla intercettare – aggiunge Riccardi – Per questo è importante il confronto multidisciplinare tra specialisti preparati, in grado di leggerne le sintomatologie». Gli accertamenti diagnostici possono includere la risonanza magnetica nucleare (in collaborazione con la Radiologia, diretta da Laura Romanini), per studiare la diffusione della malattia. «Oltre alla terapia farmacologica, la chirurgia può essere una strada terapeutica, benché talvolta rischiosa e non risolutiva, consigliata solo quando l’endometriosi risulta estremamente invalidante».

LA NEUROMODULAZIONE “SPEGNE” IL DOLORE

«Quando pensi che ormai tutto sia inutile, arriva qualcosa di rivoluzionario», prosegue Alessia. «La neurostimolazione midollare è stata la mia rivoluzione». All’Asst di Cremona, la neuromodulazione antalgica è già in uso per trattare patologie nervose o della spina dorsale. Come spiega Antonio Fioravanti, direttore della Neurochirurgia e del dipartimento delle Neuroscienze, «È una tecnica di trattamento che utilizza la radiofrequenza sul sistema nervoso per migliorare la sintomatologia dolorosa. Dal punto di vista pratico, si tratta d’installare a livello dorsale epidurale un neurostimolatore, che con impulsi elettrici o magnetici consente di “ingannare” le vie del dolore neuropatico, preservando le altre sensibilità».

Per la prima volta, questa metodica terapeutica è stata applicata per trattare il dolore da endometriosi. «In letteratura non c’è nulla di simile», aggiunge Patrizia D’Auria, neurochirurgo dell’équipe di Cremona. «Quando ho incontrato Alessia, abbiamo deciso di tentare questa strada ampliando la neurostimolazione spinale fino a controllare il dolore addominale, pelvico e dell’arto inferiore. È stata una sfida per lei e per noi, da affrontare insieme».

Dopo una prima fase di trial per valutare funzionamento e modulazione, è stato programmato l’intervento per installare il neurostimolatore, che oggi accompagna Alessia nella ripresa delle attività quotidiane. «I risultati sono molto incoraggianti – aggiunge D’Auria- Alessia sta decisamente meglio, ha imparato a gestire in autonomia il dispositivo, che può essere ricaricato e regolato in base alla necessità».

«GRAZIE ALLA MIA DOTTORESSA»

«A tre mesi dall’intervento – conferma Alessia – riesco a fare cose che prima erano soltanto un ricordo, come andare in università, passeggiare o andare in discoteca con le amiche. Ho il cuore pieno di gioia, anche se dopo tanta sofferenza rimane la paura che tutto questo possa ricominciare». La giovane paziente rivolge un ringraziamento agli specialisti che si sono occupati di lei: «Non ho mai incontrato nessuno che mi desse fiducia, che credesse nel mio male e che cercasse un modo concreto per potermi aiutare. È necessario riconoscere chi lavora con tanto amore e cerca davvero il bene del paziente. Tante donne hanno sofferto e soffrono a causa di queste patologie, vorrei che la possibilità data a me non sia un’esclusiva».

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