Cultura

1877, la sollevazione delle donne
contro il prezzo del pane

Il pubblico in Archivio di Stato
I panettieri che subirono saccheggi durante la sommossa dell'11 maggio
Il proclama dell'amministrazione comunale che fissa al ribasso il prezzo del pane a seguito della sommossa
Le filande a Cremona nel 1877
La ciminiera - minareto della filanda Bertarelli di via del Cistello

Si intitola “la rivolta del pane” la ricostruzione fatta dallo storico Fabrizio Superti la scorsa settimana alla vigilia della Festa della Donna presso l’Archivio di Stato di Cremona diretto da Valeria Leoni. Al centro, il racconto dei fatti che portarono al primo eclatante episodio di protesta popolare al femminile a Cremona, l’11 luglio 1877, quando le lavoratrici delle filande si compattarono per protestare contro l’aumento del prezzo del pane e della farina, abbandonando di prima mattina il lavoro e sfidando l’amministrazione locale e la polizia.
Una protesta ancora più clamorosa se si considera la condizione di estrema subalternità e marginalità delle donne nella seconda metà dell’800, considerate anche da un punto di vista etico morale inadatte a prendere parte alla vita politica.

UNA NAZIONE ANCORA FRAGILE

Lo studio ha preso in esame le carte processuali che coinvolsero le 12 donne che finirono nella rete delle forze dell’ordine, con l’accusa di saccheggio (un reato per cui erano previsti anche i lavori forzati), un’esigua minoranza delle diverse centinaia che parteciparono alla mobilitazione. Lo studio di Superti si inquadra infatti in un più ampio percorso che ha preso in esame i processi celebrati a Cremona tra 1812 e la I guerra mondiale le cui carte sono conservate in Archivio di Stato.

Il periodo storico in cui si svolse la sollevazione è quello degli albori del governo Depretis, il primo della Sinistra, alle prese con uno Stato unitario tutto da costruire, una povertà diffusa a livelli inauditi e una democrazia estremamente acerba, con solo il 2,6% della popolazione avente diritto al voto. Cremona non ha industrie, i proprietari delle filande sono i nuovi ricchi, sfruttano una manodopera femminile che parte dai 10 anni di età, in un ambiente insalubre con pochissime misure igieniche.

Il lavoro si svolge su turni massacranti, la paga è misera: 55 centesimi al giorno per una lavorante, più o meno un kg di pane. Proprio quel pane che per effetto della tassa sul macinato diventa troppo caro per la stragrande maggioranza dei cremonesi. Non a caso sono gli anni della migrazione di massa: Austria, Svizzera, Francia, sud America, e gli italiani sono gli ultimi degli ultimi, trattati come feccia, quasi sempre analfabeti, le donne sovente destinate ai bordelli.

LA MATTINA DELL’11 LUGLIO

In questo clima le tensioni sociali si fanno più aspre. Nel 1874, le filandaie dello stabilimento Lanfranchi scendono in sciopero perchè la loro paga era stata decurtata del costo del gas per illuminare l’opificio.

Nel marzo del  1877  gli stessi prestinai, i panettieri, protestano per gli insostenibili turni di lavoro. Ma incredibilmente  – considerato il ruolo subalterno in cui sono relegate le donne –  sono proprio le filandaie a prendere l’iniziativa più eclatante  in città.

La ciminiera – minareto di via del Cistello

Le avvisaglie di una mobilitazione si avvertono già dall’8 luglio, ma è all’alba del giorno 11 che dalla filanda Bertarelli (quella della ciminiera – minareto ancora oggi visibile in via del Cistello) parte la sollevazione: le operaie escono in strada, iniziano a rumoreggiare e marciano verso la filanda Tessaroli, in via Larga 6, da dove escono in solidarietà altre lavoratrici. Il gruppo si ingrossa e si dirige a porta Romana dove si trova la filanda Lanfranchi. Qui trovano lo sbarramento delle forze dell’ordine che nel frattempo erano state mobilitate e viene impedito alle lavoratrici che si trovano all’interno di unirsi al gruppo. C’è una sassaiola  che infrange alcuni vetri, la Polizia imbraccia le baionette rivolgendole verso le manifestanti: è il momento più drammatico della sommossa, quello che in altre situazioni avrebbe dato il via a una repressione violenta. Non sarà così: l’intervento del proprietario della filanda evita il peggio, consentendo alle sue operaie di unirsi alle altre.

L’ESITO DELLA PROTESTA

Il gruppo si ingrossa sempre più e inizia così una serie di saccheggi dei forni che continuerà anche dopo che le manifestanti sono ricevute da due assessori a palazzo comunale. Importante in questa occasione come in altre, il ruolo dei prefetti, spesso elementi di mediazione tra le parti in causa e in questo caso tra un ceto popolare privo di rappresentanza e un governo locale eletto unicamente sulla base del censo.

“La sollevazione delle donne suscitò stupore e larga impressione tanto presso le autorità preposte quanto nell’opinione pubblica”, afferma Superti. “Donne di umili origini, seppur senza una guida organizzata, occuparono per un’intera giornata la città, oltrepassando ampiamente i confini che all’epoca caratterizzavano l’agire femminile”, ma seppure eclatante, l’episodio rimase isolato e la scintilla non accese un fuoco. Il prezzo del pane venne calmierato per iniziativa dell’amministrazione comunale, ma a scapito della qualità dello stesso.

Per la cronaca: il reato di saccheggio durante il processo venne declassato e per le 12 donne non ci furono gravi conseguenze.

Gbiagi

 

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