Onorificenza a Mina Gregori, Galimberti:
"Il 600 secolo straordinario"
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C’è un periodo della storia dell’umanità che restituisce all’umanità stessa un cammino di verità e di bellezza, di apocalisse, di rivelazione di sé a sé stessa. Un cammino che a volte dimentichiamo e che oggi l’umanità sembra aver dimenticato: l’uomo e la donna sono capaci di cose grandi, e l’umanità, noi tutti e i popoli, non abbiamo spesso la forza e il coraggio di ricordarlo.
Quale periodo dunque? Sono i secoli dell’umanesimo e del Rinascimento e quel mirabile ‘600 in particolare. E Cremona, la nostra straordinaria e incredibile città, ne è protagonista.
Sono i secoli in cui l’umanità, a partire da un fermento straordinario che avvolge l’Europa, scopre che l’uomo è il miracolo della creazione, il cielo e la terra sono così profondamente uniti che la bellezza raccontata e scoperta, generata e svelata nel mondo è un buon annuncio per tutti gli astri del cielo, non esistono due mondi separati, da una parte una terra luogo di dolore, e dall’altra l’iperuranio luogo della perfezione, ma piuttosto la terra è il luogo dell’incarnazione del sacro, la vita nella sua indecifrabile miscela di luce e ombra, contraddizione di bene e male, incredibilmente in questa sua umanità piegata e dolorosa, peccatrice e fragile, coraggiosa e creativa, ribelle e geniale, capace di odio, ma anche e soprattutto di un amore infinito, contiene in sé i segni profondi del sacro e del divino, che si fa carne a raccontare a tutto l’universo una storia mai ascoltata prima: che la vita è sacra e la bellezza da scoprire e creare può essere il senso dell’intero universo.
Nel 1607 l’Orfeo di Claudio Monteverdi. Il divin Claudio racconta una storia così intensa del perenne duello tra la vita e la morte, l’amore e il possesso, che in questa storia di umanità lo spirito si innalza a scoprire la profondità del vivere e le stesse profondità si ritrovano poi nella ‘Selva morale’ e spirituale come anelito all’eterno e all’infinito. E d’ora in poi il teatro non sarà più lo stesso. E così l’umanità.
Nel 1610, nel ‘Sidereus Nuncius’, Galileo Galilei puntò il cannocchiale verso il cielo e lui e Newton, poi e altri ancora, lessero nelle stelle le stesse leggi che regolavano il moto dei corpi sulla terra. Sidereus Nuncius, dunque, annuncio dalle stelle per ogni persona, che abitava e abita la terra, di una straordinaria rivoluzione: il cielo e la terra si incontrano.
Nel 1606 Caravaggio illumina il mondo con ‘La morte della Vergine’ e questa luce si irradia oltre l’atmosfera e in lui noi riconosciamo noi stessi. Nel corpo di Maria il corpo di ogni donna, l’Immacolata accompagna la storia complessa e non immacolata della nostra umanità.
Il cielo e la terra si incontrano ancora. E così nei piedi sporchi di quei pellegrini, di fronte a Maria e al Figlio dell’uomo, è svelata la nostra umanità sofferente che trasforma la fatica in un desiderio di bene e di sacro. Nel volto segnato di S. Francesco è raccolta l’intensità di una tensione dolorosa e anelante a trovare il senso del vivere in quella croce, che punta verso chi guarda e dice che altro senso non c’è se non quello del dare la vita.
Il 1600, secolo straordinario. Cremona è dunque protagonista in questa vicenda. Lo è per Monteverdi e lo sappiamo e vogliamo esserne sempre più consapevoli. Ma oggi celebriamo un altro motivo per cui noi di quella storia siamo protagonisti: perché cremonese è la donna che, più di molti altri, ha fatto così tanto e così tanto ha operato per svelare la luce di Caravaggio a tutto il mondo. Lei, maestra di rigore di ricerca scientifica e sensibilità artistica, straordinario punto di riferimento per così tante donne e uomini in cerca del bello, ha regalato a noi, alla nostra straordinaria città, un ritrovato ‘S. Francesco’ e anche di questo le siamo così profondamente grati, ma soprattutto ha svelato al mondo un suo cantore, un costruttore di senso, uno disvelatore di motivi per cui vivere: il Caravaggio.
E così ha fatto con tanti altri artisti. Lei artista a sua volta. Perché, e mi piace ricordarlo in questo periodo così difficile e complesso che è dato da vivere, un altro padre dell’umanità, Dostoevskij, ci racconta che la bellezza salverà il mondo. Lei, professoressa Gregori, cercatrice di arte, donna disvelatrice di grazia, ci ha regalato e ci regala bellezza. Per questo è un onore per noi poterle conferire questo riconoscimento”. Gb