"100 passi": al Torriani
la storia di Lea Garofalo e Denise
Come ogni anno il CPL (Centro promozione legalità) di Cremona, una rete di una trentina di scuole di cui capofila è il Torriani, organizza una serie di appuntamenti di approfondimento in vista della manifestazione del 21 marzo, quella che ogni anno Libera promuove come “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”.
I vari incontri organizzati nelle scuole della provincia da Libera con il coordinamento del Torriani sono dunque simbolicamente i “100 passi” che portano al 21 marzo, alla manifestazione che si terrà anche nel comune di Cremona.
Mercoledi 6 marzo l’aula magna di via Seminario ha ospitato Gabriele Ambrosio, referente del presidio Lea Garofalo di Milano. Un incontro attualissimo perché Ambrosio ha presentato una storia che non racconta solo di criminalità organizzata e testimoni, ma anche del coraggio delle donne che si ribellano al sistema mafioso che è basato su un’idea fortemente patriarcale della famiglia.
E’ quanto ha sottolineato anche la dirigente del Torriani Simona Piperno introducendo la conferenza. “Oggi parliamo di donne che hanno deciso di fare la differenza – ha sottolineato Piperno – dunque parliamo di una vittima di mafia, ma anche del coraggio delle donne che a questa logica si ribellano”.
Ambrosio ha dunque raccontato di Lea Garofalo: Lea cresce in una famiglia ‘ndranghetista, si innamora appena tredicenne di Carlo Cosco, lo seguirà a Milano dove lui gestisce insieme ai fratelli e per conto della famiglia Garofalo un traffico di droga. A diciassette anni Lea rimane incinta e nel 1991 nasce Denise.
Carlo viene arrestato nel 1996, nel corso dell’operazione “Storia infinita”. Lea prende le distanze dal compagno e inizia un percorso segnato dal coraggio e dalla paura.
Lea e Denise si trasferiscono a Bergamo e per i primi tempi sembra andare tutto bene. Nel 2002 però la loro macchina viene bruciata: è un avvertimento, decide di rivolgersi ai carabinieri diventando una testimone di giustizia. Inizia un “periodo in salita” caratterizzato dal completo anonimato di madre e figlia e dai continui spostamenti in case protette: Ascoli Piceno, Fabriano, Udine, Firenze e Campobasso.
Quando Carlo esce di prigione cerca immediatamente, senza successo, di conoscere l’indirizzo di Lea che è appena uscita dal programma di protezione dei testimoni. Lea non si arrende e si rivolge a Don Luigi Ciotti, che incontra nel corso di una conferenza di Libera.
Madre e figlia allora rientrano nel programma di protezione, per uscirne quattro anni dopo. Verrà picchiata e strangolata da Cosco successivamente, nel 2009. La figlia Denise si rivolge ai Carabinieri che le chiedono di continuare a stare con il padre, in modo da poter raccogliere più prove possibili.
Le indagini proseguono e nel 2010 Carlo Cosco e i suoi fratelli vengono arrestati; il 6 luglio del 2011 inizia il processo, ma la scadenza il 28 luglio 2012 dei termini della custodia cautelare impone tempi ristretti. Alcuni ragazzi, ma soprattutto ragazze, dell’associazione Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie – venuti a conoscenza del processo in cui una loro coetanea dovrà testimoniare contro la sua famiglia, decidono di partecipare alle udienze per sostenere Denise. E’ da questo sostegno e partecipazione che poi nascerà il presidio milanese Lea Garofalo: I Presidi sono la presenza più prossima di Libera nelle comunità locali e sono intestati a persone che si sono distinte nella lotta alla mafia.
Gabriele Ambrosio, del presidio Lea Garofalo di Milano, ha dunque portato agli studenti presenti in aula magna Torriani e a quelli collegati in streaming, la storia di Lea, di una testimone di giustizia e di una donna che si è ribellata al patriarcato della criminalità organizzata, ma ha anche presentato la storia del suo presidio, segnando una strada un percorso di impegno che tutti possono decidere di intraprendere.
Roberta Mozzi, dirigente del Torriani fino allo scorso anno, che ha moderato l’incontro ha concluso ricordando l’impegno concreto del Cpl e in particolare della scuola capofila che, con i referenti proff. Paola Gaudenzi e Paolo Villa, ha sperimentato negli anni percorsi concreti di monitoraggio dei beni confiscati alla mafia. Un impegno che la scuola porta avanti con un passaggio di testimone da una generazione all’altra di studenti.
Il CPL–Cremona fa capo ad una rete di 31 scuole, di ogni ordine e grado, appartenenti ai due ambiti territoriali individuati sul territorio provinciale: l’AT 13, che comprende Cremona e il Cremonese e Casalmaggiore e il Casalasco, l’AT 14 comprensivo di Crema e il Cremasco.
La finalità del CPL_CR è quella di promuovere la cultura della legalità, attraverso iniziative di formazione/informazione e monitoraggio relative, in particolare, ai temi della corruzione e della criminalità organizzata.
In quest’ottica la funzione del CPL è quella di essere presidio territoriale permanente in grado di stimolare e coordinare le diverse azioni che le istituzioni scolastiche del territorio organizzano in materia di legalità, garantendone la sistematicità.
Il risultato è quello di una rete diffusa, fondata su stabili relazioni umane e professionali, capace di valorizzare e mettere a sistema le buone pratiche. Indicativo, in questo senso, è il protocollo d’intesa “Scuola spazio di legalità” sottoscritto con la Prefettura, che ha consentito e consente interventi efficaci e congiunti nella prevenzione e nella gestione di comportamenti a rischio.