Marchi: Biometano, il marchio “green” è solo una maschera
Egregio direttore,
nella puntata di Petrolio andata in onda martedì 5 marzo su Rai 3 è stato approfondito il tema della transizione energetica, con un importante riferimento al business degli impianti di biometano e biogas. Sono stati trasmessi due apprezzabili reportage registrati sul territorio cremonese dove bene viene identificato il tema. Nello specifico, sono stati riportati stralci dell’assemblea pubblica che il Comitato BiometaNO Cremona ha tenuto lo scorso ottobre presso la palestra scolastica di Gerre.
Innanzitutto mi preme ringraziare la produzione Rai e il giornalista Giuseppe Borello per i coraggiosi assunti portati avanti dalle interviste e dai servizi andati in onda. Ringrazio poi Maria Grazia Bonfante del comitato “Salviamo il Paesaggio” per aver favorito questi processi e ringrazio infine il Comitato BiometaNO per aver sostenuto insieme a Gerre e Bonemerse questa importante battaglia.
I temi sollevati sono i medesimi che da mesi anche noi snoccioliamo nei nostri documenti e nei nostri interventi e pare ormai superfluo dichiarare che chi sbaglia non è chi si oppone a questi impianti, adeguatamente mascherati con il marchio “green” .
Ancora una volta si è parlato del paradosso etico dell’utilizzo del mais per far funzionare questi impianti e dei numerosi inquinanti che emergono dalla produzione di biometano, accentuati, lo ricorderemo fino allo sfinimento, dal fatto che Cremona è ancora la quarta città in Europa per inquinamento atmosferico.
Da Sindaco, da Autorità Sanitaria del territorio che mi onoro di rappresentare, non mi stancherò mai di ribadire che, in mancanza di una oggettiva motivazione o di una esigenza preminente del territorio legata alla produzione, al mantenimento di posti di lavoro, ad una vera crescita sostenibile, non è possibile sostenere ed approvare la realizzazione di impianti di questo tipo che vadano ad aggravare il già compromesso sistema ambientale della nostra Provincia.
Ogni nuova realizzazione civile, industriale, agricola deve essere sottomessa ad una preliminare verifica che porti ad un bilancio ambientale e sociale attivo, diversamente deve essere valutato il suo diniego.
Produrre biometano in queste condizioni non sostiene l’affrancamento da idrocarburi richiesto dalla comunità internazionale, in quanto alla fine si produce metano che verrà bruciato per produrre energia o per riscaldare palazzi e abitazioni. Ciò non può contribuire in nessun modo alla transizione energetica.
Ancora una volta il Re è nudo, la grande sollevazione di no a questo impianto non è più solo una schiera di nimbysti o di “ambientalisti talebani”, come ci hanno chiamati, ma persone che si sono informate, hanno fatto approfondimenti e hanno convenuto con noi che un no a questo impianto non è ideologismo ma vera tutela del territorio e dell’ambiente che vogliamo continuare ad abitare.