Cronaca

Dalla violenza alla rinascita:
in aula il racconto di un incubo

Grazie ad una rete sociale, alle forze dell’ordine e alle volontarie di Aida, è riuscita a riemergere da un incubo durato due anni. Un tormento fatto di soprusi e violenze di ogni genere, che l’aveva completamente annichilita. La storia di Maria (nome di fantasia, ndr), costituita parte civile con l’avvocato Elena Guerreschi, è emersa martedì mattina, durante l’udienza in tribunale a carico dell’ex compagno – difeso dall’avvocato Francesco Cogrossi – accusato di maltrattamenti, violenze fisiche e verbali, nonché violenza sessuale. E’ stata lei, con la voce tremante, a ripercorrere quei due anni terribili, vissuti insieme a un uomo che aveva detto di amarla, ma che si sarebbe rivelato invece il suo carnefice.

I due erano andati a convivere nell’agosto del 2020, quando lei era rimasta incinta. All’inizio, le violenze erano state solo verbali, ma dopo pochi mesi sarebbero iniziate anche le aggressioni fisiche, “almeno una o due volte a settimana”, ha raccontato lei.

La sua vita era così diventata un incubo. Fatto di percosse, minacce, insulti. Gli episodi, secondo il racconto della donna, si susseguivano con costanza. L’uomo avrebbe più volte minacciato sia lei sua suo figlio, mettendola in una condizione di costante paura, che le impediva di allontanarsi. Come lei stessa ha raccontato, temeva per l’incolumità dei propri cari. “Un giorno mi disse che se avessi parlato di queste cose a qualcuno avrebbe preso una pistola e avrebbe sparato prima a mio figlio, sotto i miei occhi, e poi a me. Un’altra volta mi disse che se me ne fossi andata mi avrebbe trovato e riempita di coltellate”. Durante un altro episodio, addirittura, si era trovata con un coltello puntato alla gola, ed era rimasta ferita.

La violenza, secondo il racconto di Maria, esplodeva quando il compagno era sotto l’effetto di droga, di cui lui faceva uso abitualmente. E alle aggressioni fisiche, spesso si aggiungevano anche quelle sessuali: lo ha raccontato con voce tremante, Maria, ripercorrendo il suo inferno personale. Senza contare quelli in cui aveva evitato di protestare, proprio per non peggiorare la violenza.

“Iniziava con schiaffi e spintoni, poi mi sbatteva sul letto, o dovunque mi trovassi” ha raccontato al giudice. “Mi strappava i vestiti di dosso. Io mi ribellavo, urlando, cercando di scappare, chiedendogli di fermarsi. Ma lui non si spostava. Anzi, a volte rideva. Certe volte non mi ribellavo, facevo finta di nulla, perché sapevo che tanto se anche avessi detto di no sarebbe andato avanti”.

In quegli anni, la donna era rimasta isolata: “Lui mi aveva fatto perdere i contatti con tutti. Spesso mi rinchiudeva in casa e si portava via le chiavi. Prendeva anche il mio telefono perché non voleva che chiamassi qualcuno”.

Una situazione che l’aveva prostrata. “Ero annientata psicologicamente da quanto stavo vivendo e avevo il terrore delle sue minacce” ha raccontato. “Vedevo quanto era instabile e davo per scontato che se me ne fossi andata avrebbe fatto quello di cui mi minacciava. Sono rimasta con lui per salvaguardare mio figlio e la mia famiglia”.

In aula era presente anche una classe quinta della scuola Beata Vergine di Cremona, che in queste settimane, con la supervisione della docente di diritto, l’avvocato Susanna Bonfatti, sta portando avanti un progetto sulla legalità e violenza di genere. I ragazzi hanno ascoltato con il fiato sospeso il racconto della vittima, durato quasi due ore.

Tutto era finito un giorno in cui lo aveva trovato in stato di semi-incoscienza, dopo una dose di droga. Aveva così chiamato il 112, per farlo soccorrere, e quindi, approfittando del fatto che non avrebbe potuto farle nulla, era corsa a denunciarlo. Il suo incubo era finito in quel momento, il 17 settembre del 2022. In quei giorni era avvenuto l’incontro con Aida, l’associazione anti-violenza, e l’inserimento in una casa rifugio, dove la donna è rimasta per oltre un anno.

Qui ha incontrato le volontarie e la psicologa, a cui ha confidato il suo incubo. “Quando è arrivata era in una situazione difficile.Non mangiava e non dormiva da tempo, era trasandata” ha raccontato in aula una volontaria.

“Ho conosciuto la signora nel settembre 2022, quando era da poco entrata in casa rifugio” ha ricordato in aula la psicologa, consulente di Aida. “Portava su di sé i segni del trauma. Apatia, senso di vuoto, irritabilità. Il suo è un percorso difficile e doloroso, ma ha avuto già un grande miglioramento”. Grazie ad Aida, Maria è stata inserita in un progetto, per essere accompagnata verso una nuova vita. Ha fatto alcuni corsi, ha re-imparato a prendersi cura di sé e a riprendere il controllo della propria esistenza. L’ultima conquista, l’aver trovato un lavoro, un mese fa. E ora, quel futuro che appariva così nero, sta per lei tornando ad essere luminoso.

Laura Bosio

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