Cronaca

A scuola di legalità: studenti
della Beata Vergine in tribunale

La classe 5 del liceo linguistico della Beata Vergine

Martedì mattina, nell’aula del tribunale, presente una classe 5a del liceo linguistico della Beata Vergine di Cremona, che in queste settimane, con la supervisione della docente di diritto, l’avvocato Susanna Bonfatti, sta portando avanti un progetto sulla legalità e violenza di genere. I ragazzi hanno seguito un’udienza per maltrattamenti e violenza sessuale, ascoltando con il fiato sospeso il racconto di una vittima.

Un racconto che li ha scossi, e li ha fatti riflettere. “Fa una enorme differenza sentire parlare di violenza da chi l’ha subita, dal vivo, piuttosto che ascoltarla in tv” hanno evidenziato Leonardo e Riccardo. “È qualcosa che ti lascia un segno e ti fa capire la grande sofferenza che c’è dietro”.

A impressionare i ragazzi, anche la forza che ci vuole per denunciare. “Ho ammirato il coraggio con cui ha testimoniato” ha aggiunto Nicola. “Mi ha permesso di vedere questa situazione da un altro punto di vista”.

“Mi ha colpito la volonta e la determinazione con cui ha raccontato la sua storia” ha affermato Barbara. “È stata brava nel riuscire a mettersi a nudo davanti agli estranei, raccontando delle violenze subite”.

Anche Matilde ha ammirato “La lucidità della signora e il coraggio che ha avuto nel raccontare i dettagli della situazione che ha passato”.

“Per me è stata un’esperienza molto toccante” ha sottolineato Benedetta. “Mi ha colpito la grande forza di volontà della donna. Ma mi sono anche chiesta come può un uomo trattare così una persona”.

Per Alice è stato “difficile ascoltare questo racconto, soprattutto in alcuni punti, in cui parlava delle violenze sessuali. Credo che riuscire a parlarne sia un grande passo. E credo che parlandone si possa dare ad altre persone il coraggio di denunciare a loro volta”. Anche per Giulia è stato “difficile ascoltare questa testimonianza. E sapere che si può uscire dall’incubo, grazie a una rete”.

Anche Nicole si è detta “toccata da questa esperienza e dal coraggio della vittima. Mi ha lasciato dentro qualcosa che non riesco neppure ad esprimere”.

LaBos

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