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Il FestivalVar rovina
quello di SanCremo

Stroppa ripreso da Fabbri (foto Sessa)

La prima volta dei tre tenori insieme finisce per steccare in un FestivalVar poco rispettoso del tradizionale SanCremo. Lo Zini non sarà l’Ariston ma per la prima volta da novembre scorso diventa teatro di rimpianti per la Cremonese, costretta sull’1-1 dalla Reggiana complice convergenza sottoporta da riassettare e incongruenze tra campo e Lissone.

Stroppa alla vigilia aveva preannunciato una notte di dubbi, non pensando di doversi svegliare con una certezza: l’assenza di Ravanelli, recuperato in settimana ma steso da un attacco virale. Senza di lui, il tecnico è costretto a ridisegnare la difesa riportando Bianchetti al centro e abbassando Sernicola, con Lochoshvili a sinistra. L’out di destra diventa di competenza di un troppo timido Ghiglione, sulla mancina invece sgroppa Johnsen, che dopo l’impiego da mezz’ala e da trequartista a Lecco viene dirottato sull’esterno lasciando a Falletti la zolla a sinistra di Castagnetti, con Abrego a fare legna sul lato opposto. Davanti torna Vazquez alle spalle di Coda. Proprio il Mudo fa surriscaldare uno Zini docciato da una giornata di piogge senza tregua. L’argentino dà l’impressione di non ingranare l’ultima marcia e quando si aggiusta il mancino per bucare Bardi prima dell’intervallo il suo passo cadenzato finisce col far fare un figurone a Rozzio.

Troppa grazia per una Reggiana che interrompe l’imbattibilità di Saro: perdere la marcatura di Marcandalli è un errore che pesa sulle spalle di Lochoshvili e interrompe l’ermetismo grigiorosso. Il primo gol nel 2024, in campionato, alla Cremo, lo sigla un difensore al primo centro in carriera. Un’incornata a toro-Locho che pare un segno del destino: è lo stesso Marcandalli che con scarabocchio nel primo tempo aveva aperto la strada all’occasionissima di Vazquez, poi murata; è lo stesso Marcandalli che aprirà l’alettone su corner grigiorosso al 59’ mandando in tilt il Var con un tocco tra parte alta del braccio sinistro e spalla. Un rimbalzo che con più lo si riguarda con più aumenta i dubbi sulla mancata correzione da Lissone. Uno dei tanti episodi che fanno inferocire lo Zini, in una gestione arbitrale complessivamente insufficiente. Se Fabbri – sì, proprio lui, quello che a San Siro sorvolò su un colpo proibito di Bastoni a Duda nell’azione del gol vittoria dell’Inter contro il Verona finendo in castigo per settimane e completando il suo purgatorio in B passando da Cremona – tocca più palloni dei guanti di Saro, qualche domanda all’Aia sarebbe lecito farsela. Sulla bilancia dei fischi pesano anche i cartellini piovuti sui grigiorossi, con troppi interventi reggiani analoghi derubricati con richiami verbali.

Il giudizio sull’operato arbitrale non può però sporcare la condotta grigiorossa. La prima prova corale dei tre tenori Johnsen, Falletti e Vazquez combina motivi interessanti ma per l’acuto serve ancora una volta il solista Massimo: alla Cremo non basta il dominio del palleggio, per rispondere al blitz dei cugini reggiani serve l’assolo di Coda.

La rete dell’1-1 è una prodezza sotto la Sud che merita di essere vista, rivista e mandata in loop nelle scuole calcio come esempio applicato di coordinazione, senso dello spazio, fiuto della porta, qualità del tocco e tempismo. Capolavoro che resta unico perché l’altra pennellata, quella di Falletti, prenderà polvere negli annali come uno dei gol annullati più belli della stagione ’23-’24. Resettato dallo stesso Var non intervenuto per il presunto penalty grigiorosso di una ventina di minuti prima.

I tanti gol falliti dalla Cremo tra primo e secondo tempo presentano il conto in un finale nervoso. Il rosso sin troppo punitivo a Johnsen, con annesso giallo per proteste a Majer, chiude la prestazione di Fabbri togliendo in un solo istante due elementi di qualità ad una Cremo che venerdì tornerà in campo nell’anticipo di Ascoli dovendo trovare nuove varianti allo spartito dopo un weekend sanremese in cui gli arpeggi di Strafezza a Como e i crescendo di Venezia e Palermo accorciano la top5. Mentre l’Italia s’interroga su chi avrebbe dovuto vincere all’Ariston, allo Zini la gradinata ha pochi dubbi: il FestivalVar ha rovinato quello di SanCremo.

Simone Arrighi

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