Cronaca

Penalisti in sciopero per 3 giorni
contro le misure sulla Sicurezza

Tre giorni di sciopero per il settore penale, dal 7 al 9 febbraio: questo quanto deliberato dalla Giunta dell’Unione Camere Penali Italiane per protestare contro il pacchetto sicurezza del Governo, ma anche contro il mancato accoglimento di una serie di richieste che si stanno portando avanti da tempo ma che finora sono rimaste lettera morta.

L’Unione delle Camere Penali descrive in una nota le misure del “pacchetto sicurezza” come “violative dei principi di offensività e proporzionalità, tipiche del populismo giustizialista e del diritto penale simbolico”. Già nel novembre del 2023 l’Unione aveva censurato la moltiplicazione delle fattispecie di reato, l’aggravamento delle pene “in senso contrario al principio di uguaglianza e di proporzionalità”, e lo scarico di responsabilità sul sistema penale, e in particolare sul carcere, della soluzione dei conflitti sociali.

“La nostra protesta arriva a seguito di una serie di interlocuzioni con il Governo” evidenzia Micol Parati, presidente della Camera Penale di Cremona. “I penalisti italiani sono in agitazione dal novembre 2023. Si èc ercato fino alla fine di evitare l’astensione, con una serie di interlocuzioni che sono però andate a vuoto. Ci sono una serie di richieste che i penalisti italiani fanno da tempo. Si sperava che le nostre istanze venissero accolte dal nuovo Governo, ma così non è stato”.

Di qui lo sciopero, che non va a favore della categoria, ma serve per portare all’attenzione delle istituzioni “una serie di problemi che riguardano il sistema giudiziario“.

Tra gli argomenti più rilevanti, per Parati, vi è la questione del carcere. “Viviamo in un sistema carcerocentrico: la pretesa di affidare al sistema penale e alla carcerazione la soluzione di ogni situazione di conflitto sociale, ha come conseguenza quella di avere il carcere come unico destino dell’intero sistema penale”. Cosa assolutamente sbagliata, per i manifestanti: “Se andiamo a vedere i dati sulle recidive, ossia le persone che tornano a commettere reati, emerge che chi ha scontato una pena in carcere ha percentuali di recidiva molto maggiori rispetto a chi è stato sottoposto a misure alternative” continua la presidente. “Quindi non è vero che il carcere porta a commettere meno reati e incentrare tutto il sistema pensando che quella sia la soluzione di tutti i mali è errato. Così ci troviamo con sempre più reati, pene sempre elevate e carceri sovaffollate, che portano a violazioni della Costituzione e della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Abbiamo un’emergenza sul sovraffollamento che non può più essere ignorata”.

Il problema, secondo la Camera Penale, è che “si demanda al procedimento penale e poi al carcere la risoluzione di problemi che invece spesso sono di natura sociale”.

Altri elementi su cui i penalisti puntano il dito, è la riforma Cartabia, “i cui decreti attuativi ne hanno snaturato i principi legati al diritto di difesa, andando a ledere la difesa dei soggetti più deboli che usufruiscono dell’istituto della difesa d’ufficio” spiega ancora Parati. “Questo porterà a una riduzione degli appelli, come chiede il Pnrr ma questo non può essere fatto andando a ledere vari diritti“.

Per questo, conclude la nota delle Camere Penali, “i penalisti italiani devono porre in essere ogni iniziativa politica a presidio dei principi costituzionali e convenzionali per ristabilire la centralità del diritto di difesa, che si articola anche e soprattutto nel potere di impugnare, e della finalità rieducativa delle pene che escluda il carcere quale luogo di esercizio di tale finalità”.

Laura Bosio

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