Cronaca

190 case popolari da assegnare,
ma la richiesta si amplia sempre più

Le case popolari del Comune in via Giuseppina, attualmente in corso di ristrutturazione

190  le case popolari disponibili nel prossimo bando che verrà emesso in primavera per il distretto di Cremona, ma le esperienze passate dicono che siamo lontani dal soddisfare le richieste. Solo per il capoluogo nel 2023 arrivarono 492 domande all’Aler e 77 al Comune, che gestisce in proprio gli alloggi di sua proprietà: ma le case a disposizione erano 83 nel primo caso e soltanto 3 nel caso del Comune.

Quest’anno si prevede che solo nel capoluogo ci saranno 54 case di proprietà del Comune, quasi tutte completamente ristrutturate, e 78 di Aler: di queste, 21 sono attualmente libere, 28 ristrutturate e 29 con manutenzione carente ma che vengono assegnate a fronte della disponibilità della famiglia a fare piccoli interventi. Gli altri alloggi sono così distribuiti:

 

Giuseppe Tadioli, presidente Azienda Sociale Cremonese

La ricognizione dello stato di fatto è contenuta nel Piano dell’Offerta Abitativa dell’Azienda Sociale Cremonese, adottato definitivamente dal Comune capoluogo la scorsa settimana, ma già approvato a dicembre dall’assemblea dei sindaci dei 48 Comuni del distretto cremonese. La legge regionale del 2016 che avrebbe dovuto rivoluzionare questo importante settore del welfare sta faticando a prendere piede, come spiega il presidente dell’azienda, Giuseppe Tadioli. “Quando c’è un grande cambiamento, la cosa importante è cominciare bene, sapendo che quello a cui i Comuni sono chiamati è un cambiamento che richiede  tempo e capacità.

Si tratta di pensare la casa non solo come un edificio ma come un servizio e in questo senso è positivo che la questione abitativa si sia integrata nel piano sociale di zona. Abbiamo cominciato, siamo ancora agli esordi”, e il rallentamento è stato anche dovuto alla pandemia

Tanto per cominciare, la legge ha introdotto un cambio lessicale: non più alloggi “erp” (edilizia residenziale pubblica) ma alloggi SAP (servizi abitativi pubblici: interventi e alloggi sociali per soddisfare il bisogno abitativo dei nuclei familiari in stato di disagio economico, familiare ed abitativo) e  SAS (servizi abitativi sociali: alloggi sociali destinati a chi si trova in condizioni economiche che non consentono di sostenere un canone di locazione o un mutuo sul mercato privato ma non hanno i requisiti per il SAP).

E poi una serie di misure accessorie, come alloggi transitori, contributi per il sostegno della morosità incolpevole, zero canone per over 70 in determinate condizioni, altri contributi per sostegno all’affitto.

Una delle difficoltà riscontrate dagli enti locali, è adeguare la propria offerta abitativa a chi ne fa richiesta. Come spiega il direttore di Azienda Sociale, Graziano Pirotta, “quando una persona fa domanda, o direttamente tramite piattaforma o attraverso un patronato, può farlo  solo per appartamenti adeguati al numero di componenti la famiglia. A volte succede che ritardi nelle assegnazioni derivino dalla mancanza di alloggi adatti nel Comune di residenza o perchè troppo grandi o perchè troppo piccoli”.

Fare domanda in altro Comune dell’ambito è certamente possibile ma non semplice, perchè coprire la distanza tra residenza e luogo di lavoro, “rischia di essere un ulteriore pezzetto del problema”.

Ma come è cambiata la tipologia dei richiedenti? “Alle fasce più deboli – spiega Tadioli –  si sono aggiunte nuove situazioni di disagio grave, temporaneo o stabile che hanno coinvolto anche componenti del cosiddetto ceto medio impoverito.
In particolare, da alcuni anni a questa parte e in modo ancora più importante dopo il blocco dei provvedimenti di sfratto che aveva segnato gli anni della pandemia, la perdita della casa – perché non più in grado di pagare il mutuo o l’affitto o anche a seguito di uno sgombero da occupazioni abitative per necessità – riguarda un numero sempre più crescente di persone e famiglie”.

Una situazione che ormai non può più dirsi di emergenza ma strutturale, tanto che adesso si parla apertamente di “povertà abitativa”.

CONTRATTI FLESSIBILI, IMMIGRAZIONE, ANZIANI SOLI: IL PROBLEMA CASA SI STA AMPLIANDO – “L’attuale quadro dell’offerta abitativa – si legge nel Piano stilato dall’Azienda Sociale – vede un’offerta pubblica ormai satura, prevalentemente inaccessibile per necessità di ristrutturazioni importanti e onerose, a fronte di un mercato privato della locazione rallentato, se non addirittura fermo, per via dei costi e delle dinamiche domanda/offerta sempre più problematiche.

Si assiste, invece, ad un incremento delle vendite di abitazioni, privilegiando le persone con capacità economiche elevate a scapito di quelle che invece ne hanno meno, e favorendo così un grosso divario tra ricco e povero.

I dati relativi ai contesti abitativi privati registrano un incremento delle morosità condominiali e delle situazioni di sfratto e di pignoramento.
Il reddito di fatto rappresenta una delle cause principali della vulnerabilità abitativa.
In questo senso l’emergenza epidemiologica, così come l’evoluzione del mercato del lavoro verso forme contrattuali flessibili, hanno avuto un impatto elevatissimo, facendo scivolare nell’area del disagio abitativo una vastità di persone per le quali la casa in passato non rappresentava un problema.

Si evidenzia, in sintesi, una crescita della domanda di alloggio a fronte di una riduzione consistente dell’accessibilità ad essi, siano questi pubblici o privati.

La domanda abitativa oggi nel territorio cremonese è l’esito dei profondi cambiamenti del sistema produttivo, delle trasformazioni demografiche e delle strutture familiari.
a) Sono di fatto aumentate le famiglie composte da una sola persona, con problemi fisici, psichici, con disabilità certificata e/o destinatari di programmi assistenziali.
b) Sono aumentati, anche in considerazione dell’invecchiamento della popolazione, i casi di
persone anziane che devono affrontare il problema dell’incidenza dei canoni di locazione, il problema di adeguatezza dello spazio rispetto alle esigenze fisiche e/o del rischio di isolamento sociale.
c) Oltre a questo, si aggiunge la problematica della gestione del fenomeno migratorio, a cui
nell’ultimo anno si è aggiunta la popolazione di origine ucraina, colpita dalla guerra ancora in
essere, che vede impegnato il sistema sociale in interazione ed integrazione con il sistema del
privato sociale nella ricerca di risposte abitative in emergenza; causando un importante
saturazione dell’offerta abitativa pubblica e sociale con conseguente sovraffollamento delle
strutture ed una generale scarsa qualità dell’abitare“.

Un quadro fosco, insomma, tale per cui “si rende sempre più necessario favorire una
programmazione mixata tra le risposte offerte dai servizi abitativi pubblici, quelle offerte dal
mercato privato e quelle co-progettate con il mercato no-profit, e garantire una maggiore sinergia tra le politiche abitative e le politiche sociali nell’ottica di una più evoluta ed adeguata costruzione del welfare locale”. gbiagi

 

 

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