Lettere

Cantarini (Pd): "Spopolamento dei
micro-paesi, la sfida è dei giovani"

da Nicola Cantarini

Si fanno più stretti i tempi per la campagna elettorale negli 86 comuni (più il capoluogo) della provincia di Cremona, dopo il via libera del CdM di ieri allo sblocco del terzo mandato per i sindaci dei Comuni tra i 5mila e i 15mila abitanti e fissa l’election day all’8 e 9 giugno. 

Una riflessione sulle difficoltà che stanno vivendo i piccoli comuni, e in particolare i giovani che scelgono di restarvi a vivere,  arriva dal nuovo segretario di circolo del Pd di Soresina, Nicola Cantarini. 27 anni, architetto,  di Annicco è stato segretario  provinciale dei Giovani Democratici, incarico che ha lasciato dopo essere stato chiamato dal segretario di Federazione Vittore Soldo in segreteria provinciale. Di seguito il suo intervento.

Immersi nella campagna cremonese, i piccoli comuni raccontano storie di bellezza, tradizione e sfide uniche. Tuttavia, dietro ai racconti dei vecchi saggi di paese, si nasconde la sfida urgente della loro sopravvivenza. Oggi più che mai, soprattutto nella nostra provincia, che vede quasi il 90% dei comuni (113) con una popolazione inferiore ai 5mila abitanti e il 77% sotto i 3mila, si pone la necessità di affrontare questa sfida cruciale.

La romantica e suggestiva quiete dei piccoli comuni è spesso accompagnata da una realtà più aspra e dura: la lotta contro il declino demografico, la mancanza di opportunità di lavoro e la sfida di fornire servizi essenziali. I continui tagli agli enti locali non agevolano il complicato lavoro di gestione e progettazione dei comuni.

Se la crisi energetica ha risvolti economici visibili anche ai singoli cittadini, c’è una spesa, in costante aumento, riguardante i servizi sociali che con le attuali condizioni mette in grossa difficoltà i conti dei Comuni. Un grido di aiuto è già arrivato da diversi sindaci, anche del territorio, ma sembrano essere rimasti inascoltati.

Ma se questi sono i presupposti, come possiamo pensare ad un futuro per i piccoli paesi? Per poter rispondere a questa domanda mi affido a due verbi, restare e partecipare.

Il primo un verbo difficile che porta con sé molte più suggestioni e ragionamenti rispetto al più semplice “fermarsi in un luogo”. L’antropologo Vito Teti nel suo libro “La restanza” analizza questo fenomeno e lo descrive come “un sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente”.

Proprio nella restanza nasce la necessità della riscoperta e la volontà di migliorare i luoghi che hanno visto crescere e diventare cittadini consapevoli i nostri genitori. Le molte piccole realtà sparse per l’Italia ci dimostrano com’è sempre più difficile trovare gli stessi stimoli e servizi che possono permettere alle nuove generazioni di rendersi indipendenti anche nei piccoli centri.

La difficoltà più grossa, che è legata a doppio filo con la questione lavorativa, è l’ottenimento dell’indipendenza abitativa. Se nei mesi scorsi abbiamo seguito il dibattito sulle tende fuori dalle università non possiamo tralasciare la difficoltà di chi sceglie di restare per trovare l’indipendenza nel suo paese natale.

Con contratti a termine e sottopagati, o peggio, con lavori in nero il momento dell’indipendenza delle nuove generazione non arriverà mai. Troppo semplice etichettare i giovani come fannulloni o bamboccioni, dietro queste accuse si nasconde una società che ha deciso di riversare sui giovani i propri fallimenti sociali. È da loro, da noi, che deve ripartire un impulso nuovo, la volontà collettiva di esserci, di rivendicare le nostre scelte.

Che siano quelle di migrare o di restare, purché rimangano scelte e non obblighi dettati dalla propria sopravvivenza. Dare quindi la possibilità a chiunque di fare la propria scelta, senza dover definire coraggioso chi ha deciso di restare nel suo piccolo paese.

S orge spontanea una domanda, chi può permettere le condizioni necessarie per valorizzare questi territori? Il compito è della politica, deve essere in grado di guardare con lungimiranza e agire mettendo insieme le competenze (e le richieste) locali per poter immaginare di dare quella possibilità di maturare quel desiderio di restare.

Nicola Cantarini segretario circolo Pd Soresina

Qui mi ricollego al secondo verbo, partecipare. Anch’esso complicato ma per certi versi semplice. Là dove la politica non riesce a garantire quanto è necessario, i giovani, o più in generale i cittadini, hanno la possibilità di partecipare. Creando processi virtuosi, che siano in associazioni, in parrocchia o nei partiti. Quella sana spregiudicatezza che ti permette di mettere in gioco te stesso e le tue idee. La bellezza del mettere in comune le proprie capacità e conoscenze per cercare di sporcarsi le mani, perché come diceva Don Milani “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca”.

Partecipare alla cosa pubblica è un mezzo cruciale per tutelare i diritti fondamentali. La voce di ogni singolo cittadino contribuisce a garantire che le decisioni prese a livello politico rispettino la dignità e gli interessi di tutti. La partecipazione è il baluardo contro l’arbitrarietà e assicura che le politiche riflettano veramente sulle esigenze della popolazione. Questo rappresenta anche un atto di responsabilità individuale, e collettiva, che ci assumiamo verso gli altri.

Con la consapevolezza che la partecipazione è realmente tale quando si riesce a connettere tutte queste esperienze. Saper mettere a sistema le realtà che già oggi impegnano il loro tempo e che rischiano di questo contesto l’isolamento delle proprie azioni, quando la condivisione di lavoro e prospettive possono dare valore allo sforzo di chi sta impegnando il proprio tempo.

L’insieme di queste azioni ci metterà nelle condizioni di poter far sentire la nostra voce, parlando più forte. Partendo dalla piccola associazione, arrivando al Parlamento, passando per i Comuni abbiamo il compito di rinnovare, rigenerare quel tessuto sociale che gli ultimi decenni hanno drammaticamente indebolito e trascurato. Necessitiamo, ora più che mai, di svegliarci da questo torpore e ritornare a sognare.

Nicola Cantarini

 

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