Cronaca

Scomparsa Gaia Randazzo, la procura
di Palermo non riaprirà le indagini

L'avvocato Spampinato e la mamma di Gaia, Angela Palazzolo

“Non ci arrendiamo, vogliamo sapere la verità”. Un grido di angoscia e di dolore quello della madre della giovane Gaia Randazzo, la giovane di Paderno Ponchielli scomparsa durante un viaggio in nave verso la Sicilia, dopo che nei giorni scorsi la procura di Palermo ha rifiutato di riaprire il caso. L’istanza, da parte dell’avvocato, Vito Alberto Spampinato, è stata inviata il 18 di gennaio. Pochissimi giorni dopo, il 22, la risposta, negativa, da parte degli inquirenti: “la lettura dell’istanza non autorizza o sospinge, come essa vorrebbe, verso la necessità di ulteriori investigazioni che giustifichino una riapertura delle indagini, in quanto di fatto non esistono elementi  nuovi da sottoporre a oggetto di investigazioni, quanto piuttosto personalissime interpretazioni di fatti e circostanze” si legge nella pec.

Una risposta che però la famiglia della giovane non accetta. Come ha evidenziato l’avvocato in una memoria difensiva lunga 36 pagine, “vi sono lacune e incongruenze nell’indagine che è stata condotta”, e le ricerche del corpo della giovane “sono state incomplete”.

Era il 10 novembre quando la 20enne Gaia è scomparsa dal traghetto Superba, partito da Genova alle 23, per arrivare al porto di Palermo il giorno dopo verso le 20. Nella notte, la giovane è sparita nel nulla. Gettatasi in mare volontariamente, secondo la Procura, dopo una delusione d’amore. Un’ipotesi che per gli investigatori sarebbe confermata dall’analisi dei tabulati telefonici e del messaggio che la giovane aveva scritto all’ex fidanzato, mai partito per assenza di campo, in cui gli chiedeva perdono.

Eppure la famiglia non è convinta di questa ricostruzione. “Abbiamo fatto una perizia tecnica di parte sul cellulare della ragazza, e sono emersi numerosi aspetti singolari, che secondo noi necessitano di un riscontro da parte degli inquirenti. Ad esempio, perché le chat sono state tutte cancellate?”. Ma le domande, per la famiglia, non finiscono qui. “Dove si trova il corpo di Gaia? Che tipo di ricerche sono state fatte? Sappiamo che sulla nave non è stata trovata. Ma se si ipotizza che si sia buttata in  mare, non sarebbe stato opportuno fare ricerche con i sommozzatori? Perché non è stato attuato un protocollo di ricerca? Perché non sono state fatta indagini di polizia scientifica sulla nave? E perché all’uscita dal traghetto sono stati controllati solo i biglietti dei passeggeri e non i documenti?”.

Tante sono le domande senza risposta che non danno pace alla famiglia. La madre, Angela Palazzolo, chiede di sapere la verità. “Che sia viva o morta, vorrei solo avere una certezza su quanto è accaduto a mia figlia” dice tra le lacrime. “Non mi fermerò, voglio delle risposte. E voglio giustizia, perché non è stato fatto tutto il possibile”.

Anche per questo, ora il legale della famiglia valuterà di rivolgersi a qualche altra procura, probabilmente in primis quella di Cremona, per cercare un riscontro e fare riaprire un’indagine che, secondo la famiglia, sarebbe stata chiusa troppo presto, e non sarebbe stata condotta nel migliore dei modi.

Quel giovedì 10 novembre la 20enne si era imbarcata con il fratello di 15 anni per andare a trovare la nonna a Palermo e trascorrere una vacanza. I due ragazzi erano nella stanza 5 dove erano state loro assegnate due poltrone. Era stato proprio il fratellino più piccolo, attorno alle 7.30 della mattina di venerdì, a lanciare l’allarme dopo la sparizione della sorella, che aveva lasciato al suo posto il giubbotto nero con dentro il cellulare e lo zaino. La felpa blu che Gaia indossava era stata trovata legata su una panchina del ponte numero 9 con un nodo fatto con le due maniche. Della giovane, più nessuna traccia.

Laura Bosio

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