Opera, al Ponchielli ultima di
stagione con Madama Butterfly
Ultimo titolo in cartellone per la Stagione Opera 23/24: sul palco del Ponchielli andrà in scena il 13 e 14 gennaio Madama Butterfly di Giacomo Puccini, titolo molto caro al Teatro Grande di Brescia (Teatro capofila per OperaLombardia di questa produzione), dove nel maggio 1904, dopo l’inatteso fiasco della prima milanese, prese vita la nuova versione “bresciana” dell’opera, che ottenne un enorme successo internazionale e sancì l’immortalità del capolavoro pucciniano. Il nuovo allestimento vede la direzione di Alessandro D’Agostini, mentre la messinscena porta la firma della talentuosa regista greca Rodula Gaitanou.
Madama Butterfly è uno dei titoli più importanti del repertorio operistico e una storia tragica di immensa potenza emotiva. Protagonista è una giovane donna che accetta prontamente un matrimonio combinato che la isolerà completamente dalla sua famiglia e dalla società di cui fa parte; si consegna in modo assoluto a uno straniero che entra a far parte della sua vita per un breve periodo di tempo; il suo amore e la sua fiducia per lui non conoscono confini, crede fermamente che la sua promessa d’amore sia reale; mette al mondo un figlio la cui esistenza resta ignota al padre del quale attende dolorosamente il ritorno, un ritorno che renda giustizia alle sue scelte. Quando Pinkerton torna con la sua nuova sposa – “la vera sposa americana” che desiderava fin dall’inizio – scopre di avere un figlio, e prende la decisione affrettata di portare via il bambino perché possa avere una vita migliore. Cio Cio San decide di compiere l’unico gesto onorevole che le rimane: togliersi la vita.
Puccini pone al centro dell’opera lo scontro tra due culture che lui stesso non conosce a fondo. Egli getta uno sguardo “esotico” sia sul modo americano che su quello giapponese, creando così quelli che per noi oggi sono approcci stereotipati alle tradizioni di entrambi i Paesi. Non è un compito facile presentare l’opera oggi senza scivolare sulla superficie di una presentazione culturale che potrebbe facilmente risultare offensiva. La domanda che ci siamo posti quando abbiamo iniziato a lavorare è stata: come possiamo rendere viva la contrapposizione di due culture senza rafforzarne gli stereotipi? La nostra ricerca ci ha portati a un’estetica astratta che gioca sul piano della decostruzione e del simbolismo. Lo spazio scenico è a volte un’onda che manipola il destino di Cio Cio San, a volte ricorda le curve dei pendii delle montagne, di difficile accesso, dove lei stessa esiste sola in isolamento, emarginata dalla società. Lo stesso approccio è pensato per quanto riguarda il gesto utilizzato – sia esso una stretta di mano o un inchino – per connotare l’invasione dello spazio personale, o per il desiderio di comunicare e di riunirsi. L’umanità diventa un veicolo di poesia visiva e di cruda potenza emotiva.