Cronaca

Medici, serve più personale
Molti pensano al cambio di mestiere

Questi i dati emersi da un'indagine Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di camici bianchi.  Il presidente regionale, Dr Maurizio Marvisi, direttore del dipartimento medico dell’Istituto Figlie di S. Camillo di Cremona, commenta i dati

Il 31% dei medici della Lombardia pensa alla pensione anticipata e il 29% dei non pensionabili di lasciare il pubblico, mentre l’11% vuole cambiare mestiere. Ma circa il 63% degli ospedalieri vede ancora nel Sistema sanitario nazionale un baluardo del diritto alla salute, che mette le ragioni assistenziali davanti a quelle economiche. Solo il 12% pensa che gli straordinari meglio retribuiti possano risolvere il problema delle liste di attesa, che per il 44% si affronta assumendo personale. Uno su tre pensa di appendere in anticipo il camice bianco al chiodo, soprattutto per evitare presenti e futuri tagli alle loro pensioni, ma anche per i carichi di lavoro eccessivi. Ma a preoccupare è soprattutto quel 38% di loro che se tornasse indietro non sceglierebbe più di iscriversi a medicina e quell’11% che addirittura oggi pensa di cambiare proprio mestiere. Mentre l’idea di pagare meglio gli straordinari, come previsto dalla manovra è la ricetta idonea a tagliare le liste d’attesa per a mala pena un dottore su dieci. A sondare l’umore dei medici lombardi, sempre più tentati di dire addio al servizio pubblico, è la survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di camici bianchi.  Il presidente regionale, Dr Maurizio Marvisi, direttore del dipartimento medico dell’Istituto Figlie di S. Camillo, commenta i dati riguardanti la nostra regione e la nostra provincia. “L’idea di tagliare in anticipo il traguardo della pensione sta passando per la testa del 31% di loro.  A spingere il 60% dei medici al pensionamento anticipato è la paura di subire un taglio alla propria pensione, magari con misure retroattive come quelle introdotte nella manovra, anche se poi alleggerite con un successivo emendamento. Per l’altra metà la causa sarebbe gli eccessivi carichi di lavoro e la voglia di andare a lavorare all’estero” dice Marvisi.

 

Il dottor Maurizio Marvisi

 

Anche chi non è in età di pensione nel 40% dei casi sta pensando di lasciare il servizio pubblico. Il 21% per andare nel privato, un altro 8% all’estero, mentre un preoccupante 11% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività. Il passaggio al privato è particolarmente impattante nella nostra Regione, afferma il presidente Marvisi, ove esistono 238 ospedali pubblici e ben 104 privati, che risultano fortemente attrattivi , non solo per i giovani, ma anche per i colleghi a fine carriera.

“Uno scoramento che trova conferma nel 38% che alle condizioni attuali tornando indietro nel tempo non sceglierebbe più di fare il medico. Però le motivazioni di chi si sente ancora legato al servizio pubblico restano forti, il 63% che motiva la sua scelta con la coscienza di voler garantire a tutti il diritto alla salute, seguito dal 13% che percepisce ancora come un valore la sicurezza del posto di lavoro. L’indagine punta poi ad analizzare le criticità nei reperti di medicina interna, quelli che in media assorbono circa il 50% di tutti i ricoveri ospedalieri. Per il 62% il problema numero uno resta la carenza di personale medico e infermieristico, soprattutto se rapportato alla intensità di cura medio-alta dei reparti di medicina interna, ancora classificati come reparti a bassa intensità di cura. La scarsa valorizzazione del medico di medicina interna nell’organizzazione del lavoro ospedaliero è invece segnalata dal 23% degli internisti. La scarsa o mancata integrazione tra ospedale e servizi territoriali è indicata dal 7%. Quasi un plebiscito per l’utilizzo degli specializzandi a copertura dei vuoti in pianta organica con solo il 17% che pensa possano mettere a rischio la qualità dell’assistenza. Per il 60% è invece utile purché svolgano le loro attività affiancati da un tutor, mentre per il 23% servono, ma sarebbe utile semplificare la burocrazia che ancora vincola il loro utilizzo negli ospedali al parere delle Università. Non convince infine la formula straordinari meglio pagati uguale meno liste di attesa, contenuta nella manovra economica, giudicata efficace solo dal 12% degli intervistati, mentre per il 44% serve assumere personale, per il 12% organizzare meglio le attività in modo da garantire un utilizzo più esteso sia delle apparecchiature diagnostiche che delle risorse umane. A parer del 32% andrebbe invece ridotta l’inappropriatezza prescrittiva” conclude il medico.

 

 

 

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