Cronaca

Oltre la statua di Stradivari, "serve
educazione al patrimonio culturale"

"Se da una parte sono stati individuati gli autori dell’ultimo danneggiamento e del furto del violino - afferma Fabio Perrone, Direttore attività culturali Academia Cremonensis - dall’altra parte questo ennesimo episodio rafforza la necessità di una profonda riflessione sull’urgenza dell’attuazione dell’educazione al patrimonio culturale diffusa"

Inaugurata il 23 dicembre 2011, la statua di Stradivari a Cremona non ha pace da 12 anni. Rotture, riparazioni, asportazioni, nuove riparazioni, nuove rotture, nuovi sfregi… Ciò che è stato pensato alcuni anni fa come un omaggio alla città della liuteria e un atto di ossequio al più noto tra i liutai mai esistiti (la statua è ispirata al ritratto della ben più nota stampa di Antonio Rinaldi del 1886 conservata al Museo Civico di Cremona) si sta lentamente trasformando in un oggetto di sfida più che di medium tra l’arte, la cultura e il mondo contemporaneo.

Fabio Perrone

Se da una parte, grazie alle indagini svolte dalla Polizia Locale, sono stati individuati gli autori dell’ultimo danneggiamento e del furto del violino, avvenuto nella notte tra il 7 e l’8 dicembre scorsi, dall’altra parte questo ennesimo episodio rafforza la necessità di una profonda riflessione sull’urgenza dell’attuazione dell’educazione al patrimonio culturale diffusa e maggiormente partecipata dalla comunità scolastica, vista anche la giovane età degli ultimi autori del danneggiamento segnalati all’autorità giudiziaria.

Senza indietreggiare troppo nel tempo e nella storia degli anni Ottanta (quando si iniziò ad elaborare il concetto di educazione al patrimonio in ambito europeo con lo scopo di integrare nella didattica scolastica progetti interdisciplinari incentrati sul patrimonio culturale), si può considerare una pietra miliare l’Accordo quadro siglato il 20 marzo 1998 in Italia dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e dal Ministero della Pubblica Istruzione che, in quella circostanza, riconobbero il «diritto di ogni cittadino ad essere educato alla conoscenza e all’uso responsabile del patrimonio culturale», stabilendo innovative modalità di sperimentazione di attività di educazione al patrimonio. In 25 anni si è fatto molto, ma forse ancora molto può essere fatto. Il motivo? Si potrà conservare solo ciò che si conosce, che si ama e che si rispetta. E vale per tutto: luoghi della cultura, statue, quadri, documenti d’archivio, spartiti e strumenti musicali.

L’educazione al patrimonio culturale costituisce una fonte di ispirazione ed una base per lo sviluppo del pensiero creativo, propone una educazione che dà valore e senso alle cose e alla realtà che ci circonda; può essere uno straordinario strumento di educazione alla cittadinanza, al rispetto dell’alterità, al dialogo interculturale e può contribuire fattivamente alla formazione del cittadino dotato di coscienza e di competenze storiche, artistiche, culturali in rapporto di continuità e di trasformazione con l’evolversi sociale del territorio.

La statua di Stradivari col suo violino non è altro che un simbolo, un simbolo di resina in questo caso, nato da un pensiero artistico ben più profondo: rappresentare uno dei simboli identitari della Città, un simbolo di laboriosità, di ingegno, di ricerca di perfezione, di progresso tecnico e di capacità commerciale che ha consentito agli strumenti musicali realizzati da Antonio Stradivari di giungere in tutte le principali Corti europee e di essere ancora oggi apprezzati in tutto il mondo come il non plus ultra.

Una più capillare e diffusa educazione al patrimonio culturale consentirebbe di collocare in una più corretta prospettiva storica la narrazione della liuteria e la conseguente nascita del mito di Stradivari che sintetizza, nelle molteplici statue e omaggi a lui resi, la memoria del passato, la memoria individuale e quella collettiva cronologicamente più vicina a noi. Le statue di resina si possono ricostruire, mentre la cultura del rispetto del patrimonio culturale si costruisce giorno per giorno, generazione dopo generazione, possibilmente lontana da revisionismi minimizzanti, relativizzazioni, banalizzazioni, deresponsabilizzazioni, decontestualizzazioni, frammentazioni e mitizzazioni slegate dalla realtà storica consustanziale.

Uno degli spazi d’elezione e tra i più rappresentativi per veicolare “l’uso pubblico della storia” è e rimane la scuola, un luogo sociale nel quale investire per fornire ai futuri cittadini i mezzi attraverso i quali riconoscere la storia locale, nazionale ed europea e contestualmente poter analizzare con cognizione di causa il patrimonio culturale che ci circonda e le narrazioni ad esso legate.

La sfida da cogliere è interessante, necessaria ed urgente, motivo per il quale nel 2024 saranno calendarizzate sul territorio lombardo e cremonese iniziative di educazione al patrimonio culturale da parte dell’INDAC (Istituto Nazionale per il Diritto dell’Arte e dei Beni Culturali – https://www.istitutodac.org/).

Fabio Perrone

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