Cultura

Dosimo, i muri scrostati rivelano
l'antica "casa del massaro"

La rimozione del leggero strato di intonaco che rivestiva la facciata di un cascinale a Carpaneta, piccolo abitato presso Dosimo, ha consentito di riportare alla luce il profilo di un’antichissima casa da massaro sopravvissuta alle trasformazioni avvenute nel corso dei secoli.

La famiglia Maestri, proprietaria dell’immobile alla cui conservazione dedica una particolare attenzione, compiendo una semplice azione di restauro ha pertanto recuperato una significativa pagina di storia del territorio.

Strutture così antiche, ormai inadeguate alle mutate esigenze abitative, finivano in genere per essere demolite in maniera parziale o radicale; in questo caso invece la si è mantenuta e sopraelevata in modo da raccordarsi con gli altri fabbricati adiacenti realizzati prevalentemente verso la fine dell’Ottocento.

Durante le rilevazioni operate in occasione della stesura del Catasto Teresiano, risalenti al 1723, l’immobile risultava già marcato in mappa come l’unica struttura presente sul lato sud-est; all’epoca la cascina risultava ancora “aperta” stante un solo immobile posto a nord adibito in buona parte per il ricovero degli animali e strumenti di lavoro.

 Le dimensioni dell’immobile erano assai ridotte; l’abitato era posto sotto il livello del piano e raggiungeva un’altezza allo spiovente laterale di soli metri 3,70. La superficie per piano non superava i 25 metri quadrati ed era illuminata a fatica da poche finestre di ridotte dimensioni atte, con ogni probabilità, a garantire maggior sicurezza ai residenti. In seguito la struttura, abbandonata l’originale funzione abitativa, veniva convertita a porcilaia per le famiglie che vi risiedevano.

L’edificio in questione era posto esattamente all’incrocio fra un cardo ed un decumano di epoca repubblicana per cui potrebbe rappresentare il progressivo sviluppo di un insediamento risalente alla prima colonizzazione romana.

La casa del massaro era collocata in fregio all’asse viario da cui risultava separata dallo scorrere dell’antica roggia Palosca, preziosa garanzia di acqua corrente utile per i più disparati impieghi.

Nel sedicesimo secolo il podere, pari a circa trecento pertiche cremonesi, era appannaggio di un canonico della Cattedrale di Cremona, Benedetto Lacchini, il quale, a partire dal 1545, istituiva un lascito devolvendo i suoi beni al fine di istituire una sorta di Opera Pia la cui gestione doveva rimanere in capo al Capitolo del Duomo di Cremona. Per secoli pertanto, fino alla fine dell’Ottocento, la cura della struttura sarà demandata al prestigioso organismo ecclesiastico che provvedeva ad affittare i terreni mediante periodiche gare d’asta.

La proprietà della Causa Pia Lacchetti costituiva, congiuntamente alle due adiacenti strutture agricole facenti capo alle Madri di S. Giuseppe di Cremona, il nucleo abitativo che rappresentava l’allora comune di Carpaneda che, verso la fine del Settecento, sarà unificato con il vicino abitato di Dosimo dando vita al comune di Carpaneda con Dosimo rimasto autonomo fino al 1928.

Esaminando lo “Stato d’anime” della parrocchia di Quistro del 1740 si ricava che, all’epoca, la forza lavoro presente in cascina assommava a cinque famiglie; il massaro con moglie e figli, un “famiglio” di vent’anni, un “vacarolo” di undici anni e due nuclei di “brazanti” con le rispettive famiglie. Il ridotto novero della manodopera, almeno per quanto riferita a quella stabilmente residente, evidenzia quanto ancora fosse limitata la capacità produttiva tanto a livello agronomico che zootecnico.

Fabrizio Superti

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