Nazionali

Uccise la sorella Alice, Alberto Scagni massacrato di botte in carcere

(Adnkronos) – Tenuto in ostaggio, torturato ore fin quasi a ucciderlo. Vittima Alberto Scagni, detenuto nel carcere di Valla Armea a Sanremo per aver ucciso la sorella Alice sotto casa sua a Genova il primo maggio dello scorso anno. L’uomo è stato salvato solo grazie all’intervento dei poliziotti della Polizia penitenziaria, che hanno allontanato i due aggressori, entrambi detenuti marocchini, ed è ora ricoverato all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure in condizioni gravi. 

“Quello che è successo nella notte ad Alberto Scagni è gravissimo. Colpito più volte al volto con degli sgabelli, ha fratture al volto che lo hanno costretto a un intervento di chirurgia maxillofacciale. Non solo. Ha subito un tentativo di strangolamento ed è sotto osservazione per le condizioni del collo”, ha detto all’Adnkronos l’avvocato Fabio Anselmo, che assiste la famiglia di Alberto Scagni. 

“Tra l’altro è la seconda aggressione da lui subita in pochi giorni – sottolinea l’avvocato – la prima nel carcere di Marassi da dove era stato trasferito poi a Valle Armea, a Sanremo”.  

“Lo Stato ha fatto in modo che Alice morisse e finirà per restituirci un cadavere anche con Alberto”. Così all’Adnkronos Antonella Zarri, mamma di Alice e Alberto Scagni. 

“Ci aspettiamo una nuova aggressione a nostro figlio. La temiamo. E sappiamo che questo accontenterà la pancia di molte persone perché ormai in Italia più che la giustizia ci si aspetta la vendetta. Anche se Alberto è ostaggio dello Stato – ha ribadito la donna – noi abbiamo ancora il coraggio di andare avanti e ribadire la verità: lo Stato ci ha abbandonato nella figura delle istituzioni di salute mentale e delle forze di polizia, secondo noi in modo plateale. E’ uno schiaffo, questo abbandono dello Stato, incomprensibile. E parlo dell’omicidio di Alice. Quante telefonate di minacce di morte registrate, quante richieste di aiuto. E lo Stato non ha fatto in modo che Alice non morisse”. 

“Mia figlia è stata una coraggiosa vittima che è andata incontro al suo assassino. Ed io, mamma di una giovanissima mamma uccisa, tre ore dopo aver allattato, oggi sto in pena per la vita del suo omicida. A volte nemmeno io so come faccio a tenermi ancora in piedi – ha continuato – Se Alberto fosse stato messo per tempo in Tso, in una situazione di sua sicurezza psichica, non avrebbe avuto il delirio che lo ha portato a fare quello che ha fatto. Il 112 non ha fatto nulla quando lo abbiamo chiamato, non ha cercato Alberto. Cosa fanno le forze di polizia quando vengono sollecitate? E’ aberrante quello che è capitato a noi e che continua a capitare. Noi abbiamo servito i segnali su un piatto d’argento, il delirio psichico di Alberto era conclamato in sede di incontri in salute mentale eppure negato in sede di processo”. (di Silvia Mancinelli) 

 

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