Cronaca

"Giuseppe Cappi in Assemblea
Costituente". Il saggio di Nuzzo

“Giuseppe Cappi in Assemblea Costituente”: così è titolato il nuovo saggio dell’ex magistrato Francesco Nuzzo, studioso, storico, archivista di Stato e già autore di numerose pubblicazioni. Questa volta lo scrittore si è appassionato alla figura dell’avvocato Giuseppe Cappi, cremonese, nato a Castelverde nel 1883. Giovanni Leone, 6º Presidente della Repubblica Italiana dal 1971 al 1978, lo definì così: “Uomo di rara armonia morale ed intellettuale, una figura salda e compatta dalla quale si possono trarre due fondamentali valori: il vigoroso richiamo alle più ardite aspirazioni sociali, la fedeltà ai valori indeclinabili della libertà e della dignità della persona umana”. Cappi fu uno dei maggiori artefici e dei garanti della Costituzione repubblicana.

Fondatore della Dc, nel 1946 eletto all’Assemblea Costituente e facente parte della Commissione dei 75: settanta uomini e cinque donne, ovvero Maria Agamben Federici, Angela Gotelli, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce, tra le 21 elette nell’Assemblea Costituente che furono scelte per la Commissione che doveva redigere la Costituzione. Cappi lavorò nella sezione seconda della Sottocommissione, sezione che trattava del potere giudiziario e della Corte Costituzionale.

Nel saggio di Nuzzo, 52 pagine, stampato a Cremona dalla tipografia Igep, l’autore esamina la sua partecipazione ai lavori dell’Assemblea Costituente, “dove si discutono le forme istituzionali del ‘potere giudiziario’ dopo l’avvilimento voluto dal fascismo con il primato dell’esecutivo in modalità spinte, e la creazione della Corte Costituzionale”.

Se oggi le sentenze nei tribunali sono pronunciate “in Nome del Popolo Italiano”, lo si deve proprio a Cappi. “L’ho scoperto mentre stavo studiando”, ha spiegato l’autore, che per una vita, 40 anni di magistratura, quella formula l’ha pronunciata da giudice e ascoltata da procuratore così tante volte. “E’ stato così che ho scoperto che era stato Cappi a proporla all’Assemblea Costituente. Ho quindi cominciato a leggere tutti gli atti parlamentari, dal 6 dicembre 1946 al 27 gennaio 1947: 24 udienze della seconda Sottocommissione, e mi sono appassionato, mettendomi a scrivere di getto”. Iniziato nei primi di luglio di quest’anno, alla fine di agosto il saggio era pronto.

Fu dunque di Cappi la proposta che nella giornata del 5 marzo del 1947, i Padri Costituenti, all’unanimità, legittimarono. Il giurista cremonese capì chi era colui che rispondeva ai requisiti giuridici di mandante, come richiesto dal Costituente Piero Calamandrei, che nel suo intervento disse: “Quando i giudici pronunciano una sentenza, la pronunciano in nome di un ente avente una personalità giuridica, come è la Repubblica o lo Stato. La frase ‘in nome della legge’ è invece solo un modo di dire che dal punto di vista giuridico non ha alcun significato, perché la legge non è un mandante”. Quel mandante necessario per legittimare l’attività della magistratura, come si rese conto Cappi, non poteva che essere il Popolo italiano, in quanto unico e solo detentore del Potere sovrano, quel Potere già giuridicamente riconosciuto dall’Articolo 1 della Costituzione.

Nel saggio, Nuzzo dedica un ampio capitolo sull’ammissione delle donne in magistratura. “L’Assemblea Costituente”, scrive l’autore, “palesa aperture alla modernità e chiusure per risalenti pregiudizi”. Sin dai lavori della seconda sottocommissione della Commissione per la Costituzione, seconda sezione, e dal relativo dibattito, emerse infatti una non univocità di vedute da parte dei membri che animavano la discussione sul potere giudiziario. Molti avevano respirato una cultura giuridica nella quale la discriminazione sulla base del genere era ritenuta piuttosto fondata, specie negli ambienti di lavoro. Uno degli argomenti era la presunta debolezza connessa anche alla ritenuta maggiore difficoltà ad una certa capacità di giudizio e di equilibrio. Cappi fu uno di quelli che espressero parere contrario all’ammissione delle donne in magistratura: “A suo parere, nella donna prevale il sentimento al raziocinio, mentre nella funzione di giudice deve prevalere il raziocinio al sentimento”.

Per Giuseppe Codacci Pisanelli, politico, giurista e poi ministro, il problema è “la struttura fisica”. Un’udienza a volte si protrae per ore e richiede la medesima attenzione da parte di tutti. E’ evidente che per un lavoro simile sono indicati più gli uomini che le donne. Per Giovanni Leone, futuro presidente della Repubblica, “nessuna difficoltà esiste per dare un più ampio respiro alla donna nella partecipazione alla vita pubblica del Paese, ma la partecipazione illimitata delle donne alla funzione giudiziaria non sia per ora da ammettersi… Negli alti gradi della magistratura, dove bisogna arrivare alla rarefazione del tecnicismo, è da ritenere che solo gli uomini possano mantenere quell’equilibrio di preparazione, che più corrisponde per tradizione a queste funzioni”.

Alla fine, i lavori assembleari “contengono un messaggio aperto al futuro: i principi di parità dignità dei sessi e di eguaglianza nelle cariche pubbliche elettive e amministrative sanzionano il diritto delle donne a operare in ogni settore della vita pubblica, anche se il legislatore sarà poco solerte nel ritoccare la previgente e contraria normativa, per adeguarla al dettato costituzionale”. In conclusione, “passeranno ancora tre lustri dall’entrata in vigore della Costituzione e ci vorranno alcune sentenze della Corte Costituzionale, che danno una spinta all’emanazione della legge 9 febbraio 1963, n.66 per l’ingresso delle donne in magistratura”.

“La nostra Costituzione che oggi si cerca di stravolgere”, ha commentato l’autore, “è bellissima. Scritta in una forma altissima, ogni periodo non ha più di venti parole. Il linguaggio tecnico ricorre solo quando non se ne può fare a meno, ma poi viene impiegato il linguaggio comune. Si tratta di un testo di altissimo valore sociale, culturale, giuridico e morale”.

La conclusione del saggio, Nuzzo l’affida ad un grande filosofo del diritto, Giuseppe Capograssi, “che con Cappi ebbe un sodalizio spirituale: egli sosteneva che la Costituzione italiana, legge delle leggi, afferma valori razionali per l’edificazione di un ‘mondo umano, cioè giusto, di una giustizia realizzata con mezzi giusti, e libero, di una libertà realizzata per mezzo della libertà. Mondo umano della storia: mondo fatto dagli uomini, per gli uomini, ma umanamente, cioè rispettando l’uomo e le leggi profonde e le profonde esigenze spirituali dell’umanità'”.

Il saggio di Nuzzo sarà presentato nella Sala conferenze della Società Filodrammatica Cremonese il 24 novembre alle 18 a Cremona, mentre il 2 dicembre dalle 9,30 al centro culturale Agorà di Castelverde.

Sara Pizzorni

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