Cronaca

Omicidio Cecchettin, Aida:
"Educare i giovani al rispetto"

Il caso di Giulia ha lasciato sconvolto l'intero paese, e acceso i riflettori su un problema, quello della violenza contro le donne, che coinvolge anche le giovani generazioni. L'intervista alla presidente di Aida Cremona, Elena Guerreschi

A sinistra Giulia Cecchettin, a destra Elena Guerreschi

Il tragico epilogo della vicenda di Giulia Cecchettin, un finale purtroppo già scritto, ha smosso le coscienze di tutti, e nella settimana in cui ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, risuona come un monito: bisogna fare di più.

“E’ stato veramente un colpo duro iniziare questa settimana di riflessione sulla violenza contro le donne con un evento così tragico, che ha colpito una ragazza così giovane” commenta Elena Guerreschi, presidente di Aida Cremona. “E’ molto lontano da tutti il pensiero che a quell’età possano accadere cose così gravi e violente. A 22 anni si pensa alla propria felicità, si ha il mondo davanti, la vita in mano, e si è portati a credere che a quell’età si possano vivere relazioni piacevoli, e non certo drammatiche come in questo caso”.

Una storia che porta a fare riflessioni importanti su quello che si profila come un vero e proprio problema intergenerazionale, che non riguarda solo chi è cresciuto con una mentalità “vecchia”, ma anche coloro che dovrebbero essere cresciuti in un ambiente culturalmente molto diverso. “Oggi la violenza è qualcosa di così diffuso da toccare anche i giovanissimi. Ragazzi in cui si instilla una possessibità nei confronti della ragazza, un rifiuto a essere lasciato, che può portare a gesti estremi come quello commesso contro Giulia”.

Cosa fare, allora? Secondo Guerreschi, l’educazione deve essere il perno: “A quell’età si sta imparando a relazionarsi con l’altro, ed evidentemente nell’imparare la relazione c’è bisogno di un sostegno, affinché i giovani capiscano come improntare i loro rapporti al rispetto reciproco e alla parità e non al possesso e alla prevaricazione”. E’ quindi necessaria un’azione collettiva, che porti a un cambio di mentalità, dei ragazzi e delle ragazze: “Queste giovani che si muovono sul nuovo terreno delle relazioni con l’altro, devono essere educate a dire no, a dire basta. Ma anche a riconoscere i primi segnali di un comportamento violento. E’ un lavoro difficile e non certo immediato. Ci vorrà del tempo, ma va fatto, a partire dai bambini, dalle famiglie e dalle scuole”.

Laura Bosio

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