Cronaca

Clima che cambia: in 30 anni
temperatura salita di 2,3° in media

La siccità delle scorse estati (foto Sessa)

Che il clima sulla terra si stia surriscaldando è universalmente riconosciuto; che a Cremona stia avvenendo con maggiore intensità rispetto al riscaldamento globale è quanto emerge da uno studio che Davide Persico, professore all’università di Parma, sta conducendo nell’ambito di una tesi di laurea: la temperatura media nell’arco del trentennio 1993 – 2022 è cresciuta di 2,3°C, il doppio del global warming.

“I dati sono decisamente interessanti e allarmanti – spiega Persico -. Siamo abituati a parlare di fenomeni globali, meno di quelli locali. I primi dati che abbiamo esaminato sono di tipo strumentale: idrometrici del Po e di temperatura atmosferica della provincia di Cremona. La temperatura media a Cremona ha avuto un incremento consistente con un delta di 2,3° nell’arco del trentennio, circa il doppio di quello che si registra a livello mondiale in questo periodo. Questo significa che la nostra pianura, per la sua conformazione, sta vivendo un cambiamento climatico accelerato e questo è evidente sia nel corso del fiume, sia sui rilievi, Alpi e soprattutto Appennini, che costituiscono il bacino idrografico del Po”.

 Sulle temperature invernali l’incremento è ancora più elevato, 2,4: “Lo vediamo in inverni sempre più miti e nelle scarse nevicate. Non voglio dire che non  nevicherà più: la meteorologia fa delle previsioni solo con qualche giorno  d’anticipo, io sto trattando invece  dati di tipo climatico, esaminando cioè un trend trentennale  che evidenzia le modifiche nelle precipitazioni”.

I dati esaminati da Persico e dai suoi studenti sono quelli rilevati giorno per giorno, ora per ora, dal data base di ilMeteo.it. Una volta estratti sono stati trattati con diversi software e da lì sono uscite le medie mensili, annuali e poi nell’arco dei trent’anni.

Di riflesso il Po è sempre più in sofferenza: i dati dimostrano quello “che stiamo vedendo da qualche tempo. A  parte questa piccola pienetta di carattere autunnale, che è un evento di tipo meteorologico, cioè istantaneo, vediamo che la portata del fiume dal 1993 ad oggi è diminuita di 180 metri cubi al secondo. Se pensiamo che la portata media dell’Adda è di circa 200 metri cubi, è come se questo si fosse prosciugato e non desse più acqua al Po. Da questo derivano lunghi periodi di magra e poche piene, soprattutto nel periodo primaverile, quando l’innalzamento delle acque è causato da aumento di temperatura e scioglimento dei nevai.  E’ dal 2014 che di queste piene non se ne verificano più”.

Per cercare di arginare questi fenomeni, una strada è quella della resilienza: “La continua costruzione di bacini in alta montagna per immagazzinare acqua è una pessima idea, perchè così non arriva a valle; lo stesso dicasi per la bacinizzazione dei fiumi. Viceversa la rinaturazione va in direzione di un miglioramento della situazione aggiungendo vegetazione e creando multicorsi che sono  indispensabili per alimentare gli acquitrini della golena e i bodri”.

Oggi sono 72 i bodri tra Spinadesco e san Daniele Po, ma dal 1999 si sono dimezzati. Magari con la pioggia si alimenteranno ancora, ma l’acqua prima o poi evaporerà. Il  problema è che hanno perso il contatto con la falda, che è scesa sempre più in basso.

Su questi temi drammaticamente attuali, Persico sta ultimando il suo nuovo libro, “Terramara”, previsto in uscita a dicembre. gbiagi

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