Dicembre '44, il bombardamento
che distrusse Villa Teresa
Grande successo per la presentazione “Il bosco ritrovato”, venerdì 13 ottobre nel cortile di residenza Torriani, un’iniziativa di Fondazione Città di Cremona che sta sempre più valorizzando questo luogo nel cuore di Cremona come sede per eventi culturali oltre che come spaio abitativo.
Due diverse relazioni – quella dello storico Fabrizio Superti sulle vicende belliche che portarono alla distruzione della cascina Zocchetto di via Brescia; e quella del biologo Riccardo Groppali sulle emergenze botaniche e faunistiche del bosco sopravvissuto a quegli eventi – hanno sollevato un velo su un luogo poco conosciuto di Cremona, ricco di storia e di fascino alle porte della città, un tempo appartenuto alla famiglia Mainardi, la stessa che dà il nome a una delle palazzine di Cremona Solidale.
Il pomeriggio è stato aperto da Tiziana Cordani, conservatrice della collezione artistica di Fondazione Città di Cremona, che ha illustrato alcune delle opere portate in esposizione, rappresentative della natura cremonese vista da pittori del Novecento, quali Biazzi, Botti, Balestreri, Manara, Toninelli, Bignami, Asnicar. In evidenza la terracotta di Ercole Denti che ritrae i coniugi Mainardi.
Introdotti da Lamberto Ghilardi, segretario di Fondazione Città di Cremona, hanno poi parlato i due relatori. Una ricerca che ci riporta alla purtroppo attuale realtà della guerra, quella condotta da Superti, nel restituire in maniera vivida ciò che vissero i cittadini cremonesi sotto la tempesta di fuoco che si abbatté sulla città e in provincia negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale. Se il bombardamento della stazione del luglio ’44 viene ricordato ogni anno con celebrazioni ufficiali, non fu da meno quello, meno noto, che il 15 dicembre di quell’anno distrusse la cascina Zocchetto e l’attigua casa padronale, Villa Teresa, di cui oggi rimangono solo poche ma molto significative tracce nel “bosco ritrovato” di via Brescia.
La tenuta, avviata da Emilio Mainardi e dalla consorte Iside Bellingeri, originari di Pieve Delmona, passò poi al figlio Guido, sposato a Teresa Usberti, e da qui al figlio Emilio, classe 1922, che nel testamento la donò all’ospizio. Proprio quell’ospizio che negli anni della guerra era diventato ospedale militare e che di per sé non rappresentava un obiettivo bellico, al contrario della vicina caserma Col di Lana, costruita agli inizi degli anni Quaranta e oggetto di un successivo bombardamento, il 21 dicembre, nel corso di una sequela di attacchi dall’alto mirati sulla zona di San Bernardo:
il 20 dicembre sulla Cavalli e Poli, con 9 morti e 14 feriti; il 25 dicembre ancora sulla zona dello Zocchetto e poi il 28 gennaio.
Quel 15 dicembre, in una giornata di scarsa visibilità, 18 aerei americani sganciarono 144 bombe da 500 libre con l’intento di colpire la Col di Lana, causando invece la morte di 20 persone tra cui un piccolo di 23 giorni, la vittima più giovane tra coloro – contadini, manovali, giardinieri – che in quel momento, poco dopo mezzogiorno, stavano consumando il loro pasto nella zona più calda della cascina, la stalla.
Tra di loro, anche la 18enne Carla Braga, allieva dell’istituto magistrale Anguissola: a lei la scuola dedicò uno speciale ricordo all’indomani del fatto, riportato sulle pagine del Regime Fascista, peraltro molto avaro nel descrivere le cronache di quei giorni.
Migliaia i documenti consultati in Archivio di Stato da Superti, tra mattinali della questura, archivio del Comune, ufficio del Genio civile, Intendenza di Finanza per ricostruire una pagina ancora oscura e drammaticamente attuale che sfocerà prossimamente in uno studio organico sulle ripercussioni di quell’ultimo periodo bellico nella vita civile cremonese. A quei 20 morti è dedicato il “Bosco Ritrovato” accanto a Cremona Solidale, con la collocazione all’ingresso di una lapide che reca incisi i loro nomi.
Questo luogo abbandonato dall’uomo, ma ricco di testimonianze, ha consentito alla natura di diventarne padrona. Lo ha spiegato Riccardo Groppali, illustrando le peculiarità presenti nei circa 2,5 ettari sopravvissuti. Un giardino ottocentesco studiato per impressionare e destare ammirazione, come testimoniano i pochi elementi decorativi e architettonici rimasti: la casetta in stile neogotico e la vasca della fontana incastonata tra i tronchi. Una natura che ha tratto vantaggio dall’assenza dell’uomo ma che proprio per questo offre anche elementi di pericolosità: la tessitura troppo fitta della trama arborea ha fatto sì che le piante siano cresciute molto in altezza, perdendo i rami più bassi e in questo modo indebolendosi, situazione aggravata dalla presenza di rampicanti. Alti fusti che il vento potrebbe far schiantare, ed ecco perchè il bosco rimane solo parzialmente visitabile.
E’ presente una grande varietà di piante che hanno raggiunto la loro massima possibilità di crescita: tassi, ippocastani, magnolie, carpino e persino un singolo castagno, pianta sconosciuta in pianura, un po’ ammalorata, ma imponente. E poi piante infestanti come l’Ailanto e l’acero negundo, più le si taglia, più crescono fittamente, per poi però morire in assenza di sole.
Molto ricca anche la fauna, dagli insetti, alla grande varietà di uccelli tra i quali la civetta, sulla quale Groppali ha intrattenuto la platea divagando sull’origine della sua fama di uccello del malaugurio, e il picchio verde, facilmente riconoscibile dal suono. Un accenno anche ai mammiferi, quali tasso e capriolo, presenze ormai consuete anche in pianura. Un piccolo assaggio, quello di Groppali, di uno studio unico nel suo genere prossimo alla pubblicazione che analizza l’evoluzione dell’avifauna urbana nell’arco degli ultimi 40 anni, attraverso censimenti triennali all’interno di ciascun decennio, sia per l’avifauna nidificante che per quella svernante, rigorosamente all’interno del perimetro cittadino, che include anche il bosco di via Brescia.
Un lavoro importante che dà un quadro ottimale di quello che sta avvenendo in città, mostrando fenomeni negativi come la crescita esponenziale del colombaccio e minore misura anche delle gazze, e parallelamente la progressiva diminuzione di passeri, rondini, fringuelli, cince.
Un pomeriggio ricco di spunti da approfondire, terminato con il buffet offerto dal Club delle Fornelle di Cremona.