Chiesa

La Chiesa cremonese nel
ricordo del vescovo Nicolini

Era il 19 giugno 2001, un martedì mattina, quando in città e in diocesi si diffuse, in modo del tutto inatteso, la notizia dell’improvvisa morte del vescovo Giulio Nicolini. Per otto anni aveva guidato la Chiesa cremonese, che presto avrebbe affidato a un successore per il raggiungimento dei 75 anni. Il 22esimo anniversario della sua morte è stata come sempre occasione di preghiera per lui. Lo è stata in particolare la Messa che il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto nel pomeriggio di lunedì 19 giugno in Cattedrale. Circostanza in cui celebrare anche «il mistero della comunione ecclesiale tra il popolo e i suoi pastori» ha detto il vescovo Napolioni, che nell’omelia ripreso alcuni scritti di monsignor Nicolini in riferimento al Sinodo.

La Messa, che come consueto si è conclusa nella cripta della Cattedrale, dove riposano le spoglie del vescovo Giulio Nicolini, è stata concelebrata dal vescovo emerito di Cremona Dante Lafranconi (che prese il testimone da Nicolini), i canonici del Capitolo della Cattedrale e don Flavio Meani (che fu segretario del vescovo Nicolini).

Per rileggere la figura di monsignor Nicolini, il vescovo Napolioni ha ripreso i testi di alcune sue lettere pastorali, in particolare tessendo un riferimento all’oggi attraverso il tema della sinodalità. Il vescovo Nicolini, che portò a termine in diocesi il Sinodo aperto dal vescovo Enrico Assi, scriveva così: «Sinodalità indica una mentalità, un modo di pensare e quindi di agire, contrassegnato dall’insieme. Questa parola – insieme – ricorrere ripetutamente negli Atti degli Apostoli con varie sfumature del significato fondamentale di comunione e carità. Sinodalità fa pensare a una sensibilità che si traduce in uno stile di vita, stile da coltivare e perfezionare in continuazione».

«In questi giorni – ha sottolineato il vescovo Napolioni – il Papa e i vescovi italiani ci dicono esattamente che la sinodalità deve essere il nostro stile!».

«Sinodalità – sriveva ancora Nicolini – può dunque definirsi lo stile, anzi l’arte, del camminare insieme e in profondità. Un’arte, perché impegna ed esprime il genio di ciascuno e di ciascuna dei battezzati, convogliando risorse personali in un atteggiamento e con intenti comunicativi e costruttivi. Il camminare è il contrario della staticità e il corrispondente, invece, del dinamismo e della gioia del Vangelo».

«Sembra Papa Francesco», ha affermato ancora il vescovo Napolioni, indirizzando lo sguardo al prossimo anno pastorale che sarà caratterizzato dall’icona biblica dei discepoli di Emmaus, analizzata ancora con le parole del predecessore: «Monsignor Nicolini medita su questo viaggio del Risorto presente nella vita dei credenti. E ci diceva che i due pellegrini sono il simbolo della Chiesa che cambia il volto, il cuore, la direzione di marcia. La chiesa che cambia! Quando? Quando attraverso la mensa della Parola e del Pane fa esperienza del Vivente e si ricollega alla fede di Pietro».

E ricordando che il cammino della conformazione a Cristo è attraverso la Croce e il servizio, il vescovo Napolioni ha ripreso un altro passaggio degli scritti di Nicolini: «Che la Chiesa sappia anzitutto dire Cristo, l’unica parola che salva, quella anche di non fuggire la Croce, un compito di enorme portata». «Che non spetta solo a noi gerarchia – ha sottolineato Napolioni – ma deve impegnare generosamente tutti i componenti della comunità ecclesiale». E ha continuato, citando ancora il vescovo Nicolini: «Diventare o ridiventare amici della Croce: ecco l’imperativo della nostra ora. Sta qui l’antidoto all’affievolirsi della fede in Dio e in Cristo Gesù unico Salvatore. Per far sì che la fede, invece, entri a innervare profondamente la personalità e la abiliti alla testimonianza»

Quindi il vescovo Napolioni ha concluso sottolineando l’esigenza di una riconciliazione che raggiunga la vita: «L’incontro con il Risorto, la sequela di Gesù, portando la sua e la nostra croce, fa sì che secondo il Vangelo si avvicini l’altare alla vita». Quindi ha proseguito citando ancora Nicolini: «La mensa della Parola e del Pane è in se stessa un evento di fraternità: esige la riconciliazione previa come atto di verità e offre le energie per perseverare e crescere con la continua compagnia di Gesù nella conquista della pace».

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