Cronaca

Segregata e abusata davanti alle
figlie. 8 anni e 6 mesi all'orco

Otto anni e sei mesi per violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia. Questa la condanna emessa oggi dal collegio dei giudici contro Marco (nome di fantasia), 40 anni, accusato di aver picchiato e minacciato di morte la moglie, di 32 anni, e di averla costretta ad avere rapporti sessuali con lui anche alla presenza delle loro due bimbe di 10 e 4 anni. Uomo violento e pericoloso, l’imputato, che dal dicembre del 2017 al maggio dell’anno scorso ha terrorizzato moglie e figlie, costrette alla fine a chiedere aiuto e ad essere ospitate in una comunità da cui ancora oggi escono raramente e sempre guardate a vista da una rete solidale di protezione dei servizi sociali. “E’ come se agli arresti ci fosse lei, che è la vittima”, ha detto nelle sue conclusioni l’avvocato Nadia Baldini, parte civile per la 32enne, “mentre il marito  può girare liberamente”.

Contro l’imputato c’è anche una recente denuncia inoltrata al tribunale dei minorenni in quanto ad aprile di quest’anno era riuscito a rintracciare le figlie che erano in una via del centro di Cremona con l’educatrice. Lui aveva tentato di abbracciare la più piccola, mentre la più grande era riuscita a non farsi riconoscere perchè si era coperta il volto con i capelli. In seguito a questo episodio, nei confronti di Marco è scattata la misura del divieto di avvicinarsi alle bambine, già costrette ad andare a scuola sempre accompagnate e persino ad entrare da un ingresso secondario.

L’uomo era accusato di aver maltrattato la moglie con violenze fisiche e psicologiche, anche in queste occasioni spesso alla presenza delle figlie. L’aveva offesa e umiliata, dicendole di essere una donna incapace e inutile, di essere la rovina della sua vita e di farsi solo mantenere. “Sei la mia schiava”, le diceva, impedendole di andare a lavorare, di uscire da sola, e di fatto tenendola segregata in casa, nascondendole le chiavi, il cellulare e i documenti. Se fosse uscita, lui l’avrebbe ammazzata. “Ti faccio ammazzare, ti butto nel Po”, così la minacciava. Nel 2018, il telefono gliel’aveva addirittura rotto, lasciandola senza alcun tipo di contatto per circa sei mesi.

In diverse occasioni l’aveva malmenata, spesso per motivi di gelosia, afferrandola per le braccia, strattonandola e facendole sbattere la testa contro il muro, dandole botte, schiaffi, calci e pugni con una forza tale da lasciarle lividi sul corpo, anche se lei non è mai ricorsa alle cure mediche. In seguito ad un aborto spontaneo, l’aveva anche accusata di esserne la fautrice, attribuendo a lei la colpa di quanto accaduto.

Dal marito, la vittima aveva anche subito violenze sessuali. “Tu sei mia e devi fare quello che voglio io”, le diceva lui, picchiandola con forza e minacciandola che se non avesse fatto ciò che lui voleva, l’avrebbe cacciata di casa e le avrebbe fatto togliere le bambine. Così l’aveva presa con la forza e l’aveva gettata di peso sul letto, costringendola a subire atti sessuali, nonostante la resistenza fisica e verbale della donna e nonostante la presenza delle figlie. La ragazzina di 11 anni, in particolare, sconvolta dai litigi e dalle urla, era intervenuta in più occasioni, dicendo: “Papà basta, e tu, mamma, fai quello che vuole, così non urla più”.

I giudici, che nell’emettere la sentenza hanno accolto la richiesta di pena del pm Davide Rocco, hanno anche condannato l’imputato a pagare i danni all’ormai ex moglie con un risarcimento da liquidarsi in un separato giudizio civile. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 30 giorni.

Sara Pizzorni

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