Cronaca

"Diffamato, spirito non sereno sul
lavoro". Alla sbarra 2 ex assessori

“Il mio appello è stato condito da affermazioni diffamatorie che mi hanno messo in difficoltà anche sul lavoro”. Lo ha detto oggi in aula il medico Mario Riccio, in pensione dallo scorso febbraio, ex responsabile dell’unità operativa di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale Oglio Po, ma anche consigliere generale dell’associazione “Luca Coscioni” e membro della Consulta di Bioetica. Il medico, noto per aver aiutato a morire Piergiorgio Welby e per aver seguito da vicino i casi Englaro, Dj Fabo e Ridolfi, è parte parte civile attraverso gli avvocati Paolo Antonini e Valeria Bini nel processo per diffamazione contro Gianfranco Salvatore e e Marco Poli, due ex assessore del Comune di Casalmaggiore.

I due imputati, assistiti dai legali Elisa Carpi e Francesca Sinelli, lo avrebbero diffamato tramite commenti pubblicati su un articolo di stampa online e riferiti ad una dichiarazione resa dal medico nel 2019 sul sito www.associazionelucacoscioni.it e poi su un’agenzia di stampa per prendere posizione su un emendamento proposto dal Movimento 5 Stelle sul bio testamento. “Di fronte alla notizia della modifica della legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento, che determina l’impossibilità di usufruire di tali disposizioni, poichè la proposta di modifica comportava che le dichiarazioni dovessero essere depositate al comune di nascita e non al comune di residenza”,  Riccio aveva annunciato che lui avrebbe comunque rispettato le volontà dei pazienti contenute in qualsiasi documento ritenuto valido, al di là del suo deposito presso un ufficio di stato civile.

Nella lettera aperta “Obbedienza civile? La morte per compassione stia lontana dall’OglioPo”, Salvatore e Poli avrebbero diffamato il medico, associando le sue dichiarazioni al famoso programma T4, il programma nazista di eutanasia che prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e di portatori di handicap. “Ecco che un medico”, è una delle frasi pubblicate, “anzichè farsi prossimo in fedeltà al giuramento di Ippocrate, si offre di diventare carnefice”.

Per Riccio, come si legge nell’atto di costituzione di parte civile, quelle affermazioni avevano paragonato il suo operato a quello di un “pericoloso nazista”, ed era partita la querela per diffamazione aggravata a mezzo stampa.

“Sono rimasto impressionato”, ha detto Riccio al giudice, “e preoccupato anche per il lavoro che a quel tempo svolgevo. Facevo l’anestesista, la vita dei miei pazienti dipendeva da me, lavoravo insieme ad altri colleghi, e con alcuni di loro mi sono trovato in una certa difficoltà. Non andavo a lavorare con spirito sereno”.

Il 15 maggio del 2019 la procura di Cremona aveva chiesto l’archiviazione del caso, ma il medico si era opposto. Il primo ottobre 2020 il gip Elisa Mombelli gli aveva dato ragione, ritenendo “il testo pubblicato palesemente diffamatorio già dall’incipit”: “Abbiamo trovato non casuale e sinistro il fatto che sia stata rilasciata nell’immediata ricorrenza del Giorno della Memoria”, avevano scritto i due assessori. “Come non associare questa dichiarazione con il tristemente famoso programma T4…”. “Di fatto”, aveva osservato il gip, “l’articolo richiama invero alla mente del lettore una pagina drammatica della storia mondiale ed induce il lettore medio a reinterpretare in maniera distorta la dichiarazione di intenti del querelante, attraverso una forma espositiva che appare dunque inadeguata, sovrabbondante e gravemente infamante”.

Per la parte civile, “le frasi pubblicate dagli assessori hanno avuto il solo scopo di strumentalizzare e volutamente travisare le dichiarazioni del dott. Riccio in materia delle Disposizioni Anticipate di Trattamento, al solo scopo di oltraggiare, offendere e denigrare la persona offesa”.

La sentenza sarà emessa il prossimo 29 novembre.

Sara Pizzorni

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