Ambiente

Biometano, richiesta VIA presentata
il 7 aprile. A2A: avanti col progetto

FOTO FRANCESCO SESSA

A2a  ha depositato il 7 aprile la richiesta di  Valutazione di impatto ambientale e sta attendendo la convocazione della conferenza dei servizi da parte della Provincia per portare avanti il suo progetto di impianto di biometano. E ha anche una certa premura di avviare l’iter per arrivare alla messa in funzione nel 2025.  E’ emerso nell’audizione di A2a in commissione di Vigilanza, dove i vertici di Agripower – la società di A2A per l’economia circolare – sono stati chiamati ad illustrare il progetto che dovrebbe sorgere alle porte di Cremona e al confine con Gerre de Caprioli. Ne hanno parlato Paolo Soldani, Responsabile Sviluppo Bioenergie A2A Ambiente; Silvano Scarano, Responsabile Ingegneria Bioenergie Agripower e Pierlorenzo Monterisi, responsabile Coordinamento e sviluppo impianti Agripower.

L’impianto  produrrà  – se sarà autorizzato – 3.500.000 metri cubi all’anno di biometano e risponde ai principi dell’economia circolare, recuperando biomasse vegetali, reflui zootecnici e sottoprodotti di origine agroindustriali. Escluso più volte che possa ricevere rifiuti, anche la frazione umida (forsu).

Il biometano generato – hanno spiegato –  verrà immesso nella rete gas e potrà soddisfare il fabbisogno annuo di circa 3.000 famiglie, evitando l’utilizzo di combustibili fossili e secondo  l’azienda  garantirà l’azzeramento delle emissioni di CO2 rispetto all’utilizzo della fonte fossile per produrre la medesima quantità di energia, complessivamente pari a 9.000 tonnellate di CO2 risparmiate all’anno, un valore equivalente al beneficio ottenibile da una superficie boschiva dell’estensione di 580 campi da calcio.
Inoltre, la presenza di un impianto fotovoltaico da 550 kWp sui tetti dell’insediamento permetterà di massimizzare la produzione di energia rinnovabile. Prevista la piantumazione di 544 alberi e 960 arbusti di specie autoctone, con una superficie complessiva interessata da aree verdi pari a 17.300 m2.

L’impianto avrà come matrici di alimentazione effluenti zootecnici (esclusa pollina), sottoprodotti agroindustriali e colture energetiche sostenibili/biomasse vegetali, tutti provenienti dalle aziende del territorio circostante. La sua capacità massima sarà di 83.600 t (229 t/g). Inoltre, non è prevista l’importazione di ulteriori reflui provenienti da altri territori. Il conferimento di reflui bovini e suini non è infatti sostenibile neanche dal punto di vista economico a distanze superiori ai 10-15 km. “Il flusso dei mezzi per il trasporto delle matrici in ingresso all’impianto sarà molto limitato – è stato assicurato –  e la media annuale dei mezzi che transiteranno giornalmente nell’impianto sarà inferiore alle 20 unità.

IL COMMENTO DEL COMITATO – Queste alcune delle assicurazioni fornite oggi pomeriggio in sala Quadri, in una  riunione durata tre ore. In fondo alla sala, una rappresentanza del Comitato No BiometaNo, perlopiù residenti di Bosco ex Parmigiano, ma anche del Battaglione, oltre al sindaco di Gerre Michel Marchi, il presidente del comitato Luigi Lipara, l’ex consigliera della commissione Ambente Francesca Pontiggia,  l’esponente M5S Paola Tacchini. Un pubblico che più volte ha sottolineato scetticamente le assicurazioni dell’azienda riguardo i benefici ambientali che comporta il processo di digestione dei reflui zootecnici rispetto agli spandimenti diretti sui campi, sia per quanto riguarda l’emissione di azoto che di anidride carbonica in atmosfera.

Un pubblico che in sostanza è rimasto dello stesso avviso: l’impianto di biometano progettato da A2A – sostengono i contrari – è un’operazione industriale che crea profitto in un contesto in cui l’UE sovvenziona l’economia circolare e la transizione energetica. Come ha spiegato Michel Marchi: “La commissione  ci ha consentito di certificare una certezza che già in parte avevamo: la realizzazione di un impianto di biometano in quel contesto è solo ed esclusivamente un business privato a vantaggio di qualche azionista ben lontano da Cremona e dal suo territorio.

Le illustrazioni addotte da Agripower, benché interessanti e dettagliate, hanno tralasciato importanti aspetti che tuttavia hanno una importanza prevalente nelle valutazioni complessive dei rischi/benefici”. Marchi si sofferma su uno dei tanti aspetti critici che ancora restano aperti: “una dichiarazione fatta da Agripower: il nuovo impianto, per ragioni di economie di scala, sarà realizzato in una posizione baricentrica rispetto ad aziende agricole che oggi non hanno impianti propri.

Considerato che l’ipotesi realizzativa è nella prima periferia est della città si suppone quindi che il carico di traffico invada tutta la città di Cremona per le aziende ubicate a ovest del capoluogo, investendo di trattori le già trafficate tangenziali e la via Giordano, non solo la via Bosco e Gerre de’ Caprioli. Tutto questo in una preoccupante sottostima dei mezzi in transito dichiarata da A2A”. L’azienda ha tuttavia ribadito che i mezzi in entrata potrebbero attestarsi sui 3 – 4 al giorno, a seconda della stagione. “L’azienda – aggiunge Marchi – ha anche detto che i mezzi in entrata potrebbero poi uscire carichi del digestato, ma questo è impossibile, i reflui, prevalentemente liquidi, vengono trasportati in autobotti, il digestato su camion”.

Ci sono poi altri aspetti secondo Marchi: “Il fatto che il Comune di Cremona, che sta in questi giorni affrontando una variante urbanistica al proprio PGT, non rilevi nei propri documenti di piano il cambio di destinazione d’uso dei terreni oggetto di intervento (seppur la Norma glielo consenta e ci sia una relazione allegata alla variante che cita il progetto) pare distorsivo del concetto proprio di pianificazione territoriale pubblica. Si cerca invece a mio parere di malcelare una scelta precisa per non autoassoggettarsi ai vincoli previsti dalla Legge regionale vigente.

Rimango fermamente convinto della totale inopportunità di questo impianto, nel contesto in cui è ipotizzato e nel merito. Continueremo la nostra azione nelle sedi opportune per controdedurre tutto quanto proposto.

 

I DETTAGLI DELL’IMPIANTO ILLUSTRATI DA AGRIPOWER – A2A  –  Tutte le attività potenzialmente odorigene – ha spiegato l’azienda –  saranno svolte in aree chiuse e dotate di sistema di aspirazione aria dedicato. L’aria aspirata sarà inviata al sistema di depurazione e trattamento costituito da scrubber e biofiltro.
In un’ottica di tutela della risorsa idrica, l’impianto è progettato in modo da riutilizzare i liquidi di processo. Si prevede anche il riutilizzo delle acque meteoriche ricadenti sulle coperture. L’impianto verrà equipaggiato con un laghetto per la raccolta delle acque piovane (analogo ai budri esistenti nell’area) e il consumo idrico
sarà molto contenuto.
In aggiunta, l’impianto lavorerà in autoconsumo elettrico e termico: il biogas prodotto verrà utilizzato per alimentare i consumi ausiliari elettrici e termici dell’impianto. Inoltre, un impianto fotovoltaico da 550 kW e il recupero dei cascami termici degli impianti vicini (periodo estivo), contribuiranno a fornire energia
elettrica e termica all’impianto. Non è prevista fornitura di energia elettrica dalla rete Enel e/o prelievo di gas naturale dalla rete di distribuzione del gas.

Rispetto al rischio di dispersione di odori causati dai liquami di scolo, l’impianto garantisce la valorizzazione energetica del refluo e attraverso le migliori tecnologie evita che il suo spandimento disperda in aria (per fermentazione) gas climalteranti come il metano che presenta un effetto serra 25 volte superiore alla CO2,
nonché dispersioni ammoniacali.

Secondo i dettami della transizione energetica sostenuti attualmente dagli incentivi europei del Pnrr (A2A non ha negato che l’impianto di per sè non si regge economicamente senza di essi), il biometano risulta essere una risorsa sostenibile, supportando il settore agro-zootecnico nel ridurre le emissioni di CO2, CH4 e N2O oltre che di Ammoniaca (NH3), incrementando la resa dei nutrienti e valorizzando gli effluenti. Inoltre, evita l’uso di fertilizzanti chimici di sintesi e di conseguenza un incremento della fertilità dei terreni attraverso la concimazione organica con digestato e il sequestro del carbonio nei suoli. Infine, attraverso azioni contestuali con le aziende agricole, promuove uno sviluppo sostenibile delle stesse e genera un processo virtuoso che porta ad essere «carbon negative», rappresentando un ulteriore stimolo per la messa a terra di ulteriori progetti di agroecologia.

Pareri positivi sul suo utilizzo, sottolinea ancora A2A vengono da Legambiente nazionale (ma il circolo locale contesta la localizzazione scelta alle porte di Cremona), da Coldiretti e da Confagricoltura.

MINORANZE ALL’ATTACCO – Contestazioni soprattutto politiche da parte del consigliere di Forza Italia Carlo Malvezzi: “E’ la prima volta che ci viene spiegato questo progetto così impattante, peraltro l’unico di quel progetto Cremona 20/30  rimasto del tutto inattuato: dei sette progetti di produzione di energia, questo è l’unico in fase di istruttoria. La coltivazione di alghe? Stiamo parlando di fuffa, siamo ancora in fase sperimentale e nessuno crede che in questa zona d’Italia potrebbe funzionare a fini industriali. Non si parla di spegnimento del termovalorizzatore. Qual è l’interesse reale da questo tipo di attività, quali vantaggi porta a Cremona?”

Riserve tecniche da parte di Luca Nolli (M5S), soprattutto sul fatto della dispersione di Co2 e sulla localizzazione già satura di impianti.

Ha difeso l’operato del Pd e dell’amministrazione Roberto Poli: “Abbiamo sempre chiesto il massimo rigore possibile, bisogna riuscire in termini non ideologici a capire se il problema è il biometano in assoluto oppure se è questo impianto in particolare.
Sono legittime le preoccupazioni dei cittadini ed è per questo che la nostra posizione è quella di seguire con rigore l’iter da parte dell’amministrazione provinciale”.

Stella Bellini, +Europa, ha insistito sul fatto che le mitigazioni ambientali previste sono insufficienti e che ne occorrono molte di più, mentre Lapo Pasquetti  ha espresso preoccupazione per l’utilizzo di colture energetiche (in particolare insilati di mais) come “dieta” per il il digestore: coltivare cereali per produrre energia viene visto come un’aberrazione da parte dell’esponente di Sinistra per Cremona, ma l’azienda ha evidenziato  che questi rappresentano il 5% del fabbisogno energetico dell’impianto e che si tratta di materia destinata non al consumo umano, ma animale.

Ha potuto intervenire anche il presidente del Comitato no BiometaNo  Luigi Lipara, che ha evidenziato le perplessità che fin da subito hanno preoccupato i residenti, in relazione al traffico stimato, agli odori, mostrando dubbi anche sull’effettiva riduzione di Co2 prospettata: “Siamo in una delle zone più inquinate del mondo, non è il caso di aggiungere altri impianti”.

A fine Vigilanza è intervenuto anche il sindaco Gianluca Galimberti che insieme al vice Andrea Virgilio ha presenziato per tutta la seduta, riconoscendo che al netto di errori e difetti sempre possibili, il progetto Cremona 20-30 sta procedendo anche se “evidentemente i messaggi che abbiamo dato non bastano. In esso sono previsti investimenti sul teleriscaldamento che saranno presentati nei prossimi mesi; impianto recupero calore del depuratore che aiuterà il teleriscaldamento stesso; impianto di essiccamento fanghi già presentato da Padania Acque che consentirà di ridurre il volume dei fanghi in uscita dal depuratore; fotovoltaico da 1 Megawatt di Aem; e anche il progetto sperimentale di alghe secondo noi molto interessante”.
“Non si è mai vista una commissione di Vigilanza che si conclude con l’intervento del sindaco”, il commento piccato a fine seduta di Francesca Pontiggia, critica nei confronti della conduzione della riunione (la Vigilanza è appannaggio delle minoranze), presieduta dalla leghista Simona Sommi. gb

 

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...